Autore: Manu Larcenet
Titolo: Blast - integrale
Editore: Coconino Press
Pagine: 816 in bianco e nero e colori
Formato: 21 x 27 cm, cartonato
Blast è un giallo, un on the road, un thriller psicologico, un viaggio iniziatico? Certo, l'indagine resta il filo conduttore dell'opera, ma il come e il perché si scontreranno senza soluzione di continuità. Polza Mancini, figlio di una "linea di pietosi inutili", scrittore a cui non piace ciò che scrive, sposato senza passione, obeso compulsivo, ci spiega che dopo la morte del padre, ha rinunciato a tutto per uscire dal sistema e diventare un vagabondo.
Comincia allora tra lui e i due investigatori il gioco del gatto col topo - allo stesso tempo - narrativo e linguistico per farlo parlare, per farlo descrivere, per confessarsi ma anche per scoprire il vero dal falso di questa odissea romanzesca perché, sotto il suo sguardo pigro e odio espressivo per sé stesso, Polza Mancini potrebbe non essere chi dice di essere o chi pensa di essere. Falso profeta? Santo peccatore? Di sicuro non è un'opera dalle derive new age e tutte quelle cianfrusaglie lì, è un po' troppo serio e drammatico per esserlo, non ha neanche molto in comune con una filosofia più concreta come il buddismo, come ci lascia intendere il titolo dell'ultimo tomo. E, no, non è neanche un Into the Wild versione grassa.
E' un'opera mastodontica sul linguaggio. Per tutta la durata si oscilla tra esattezza o verità. "E' più facile a dirla (la verità) che sentirsela dire".
E' anche anticonformista. Polza è un mostro perché così lo etichettano gli altri? Quanta potenza hanno le parole o i gesti, il linguaggio insomma? L'odio per sé stessi è ovviamente manifestato tramite il grasso.
Dopo la morte del padre Polza si muove, non è più conformista, non avendo più motivi per esserlo. Dunque si inoltra nelle strade della libertà, immergendosi nella natura, dove non c'è morale né giustizia. Si lascia tutto alle spalle e scivola nel blast, dove non ci sono più sofferenze, dove si è del tutto innocenti. Il blast è quella condizione di leggerezza, ecc. ecc., che però va inteso sia come meta che come mezzo: raggiungere il blast tramite il blast. Non è che si raggiunge il blast e finisce lì, Polza infatti lo rincorre pur avendolo già sperimentato, quindi lui non cerca il blast ma lo stato definitivo, un blast perenne.
Siamo occidentali, siamo pragmatici e non spirituali, non si può raggiungerlo se non con l'atto finale. Le pagine dopo le riprese con il reporter, parte necessaria per mettere in chiaro che Polza mentiva ma è altrettanto necessaria per stabilire che la versione dei 2 poliziotti non è verità assoluta, è solo la loro verità. Infatti Larcenet ha messo in dubbio sin dall'inizio il linguaggio e la morale, e per questo Polza scappa dal conformismo. Giudicare una persona non è una cosa univoca.
La prima ipotesi sulle ultime pagine è che il gufo sia la reincarnazione di Polza, stando al titolo del quarto volume e all'ultimissima frase del poliziotto "non c'è posto sulla terra per i criminali come Polza Mancini". Allora ecco che Polza si può reincarnare in un animale, dunque predatore ma non un serial killer. Questa sottile differenza sussiste perché il mondo animale ha un suo ordine, quello umano è caotico. Difatti, gli animali non parlando sono svincolati dai limiti del linguaggio. D'altronde gli animali sono disegnati in modo preciso, realistico, diversamente dagli umani. Ma anche il tratto, ovvero il disegno, è un linguaggio, quindi non ci si può fidare totalmente nemmeno di esso. Quindi, a mio avviso, questa ricerca di svincolarsi dal linguaggio è destinata a fallire. In ogni caso la parola è meno affidabile. "Non c'è posto sulla terra per i criminali come Polza Mancini" è una frase che non ha un significato univoco e se l'avesse sarebbe menzognera (utopica) perché gente come Polza esisterà sempre. Ed ecco che il finale è ambiguo o ambivalente e non può essere altrimenti. Se non è il gufo la sua reincarnazione, è forse il reporter? Oppure non si è mai reincarnato (i buddisti hanno torto), ma la differenza tra gufo e Polza, 2 tipi opposti di "killer", resta ovvia. E' importante anche sottolineare che nonostante la spiegazione finale, che dona al personaggio una lettura più razionale, Larcenet non lo condanna mai: è il risultato di un sistema che schiaccia la carne umana o una delle cause di un ambiente fatiscente sotto i nostri piedi? L'ambiente, per quanto fatiscente, non crollerà, le nostre ossa possono reggere il peso di questa grassa carcassa invece?
A Larcenet non importa tanto fare una critica sociale, cioè fino ad un certo punto, si concentra inveec direttamente sull'aspetto psicologico facendo leva sulle sue stesse debolezze. Polza è in qualche modo Larcenet che, ho scoperto, sta in cura da uno psicanalista da una vita. Il fumetto per Larcenet è la sua ancora di salvezza; posso azzardare nel dire che Blast è il suo blast? Infatti Manu Larcenet scrive e disegna nervosamente e, come il nostro Gipi, fa trasparire la rabbia nelle sue pagine. "Fino a quando non entri in condizioni estreme, è quasi sciamanico, devi passare da uno stato euforico a uno stato quasi depressivo". Complesso, pensato, scritto e prodotto sul filo del rasoio, in equilibrio su emozioni crude: "il disegno è uno stato di trance, quando si ha un po' di padronanza della tecnica, quando non si ha più paura di certi elementi come mani, volti, espressioni, si inizia a disegnare mentre parli. La linea diventa un linguaggio” dice Larcenet.
Posso affermare, senza avere paura di sbagliare, che siamo di fronte a uno dei capolavori della nona arte.
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