Pensieri Sparsi - Carlos Gardel di Munoz e Sampayo

 

Autore: Munoz e Sampayo
Titolo: Carlos Gardel
Editore: Nuages
Pagine: 128 in bianco e nero
Formato: 24 x 32 cm, brossurato

La narrazione alterna gli anni 2000 di un banale e retorico talk show argentino intitolato "l'argentino ideale" per stabilire identità e analizzare la vita di Gardel, a cui partecipano 2 "intellettuali" ed "esperti". Il nocciolo è stabilire la nazionalità di Gardel ma è anche una riflessione sul suo mito, che da singolo diventa molteplice e si fa garante dell'unità. L'Argentina era, ed è ancora, un marasma che cercava l'identità e l'ha trovata in Gardel, figura ambigua che ha contribuito ad alimentare il suo mito e che ben si sposava con la crisi di identità argentina.

L'ho letto poco dopo la morte di Maradona, un vero evento che, come sempre, ha generato critiche sterili, inutili e moralizzatrici provenienti da ignoranti (nel senso che ignorano chi fosse Maradona) o da coloro che non hanno capito (e forse mai potranno, dall'alto dei loro privilegi di nascita) che l'uomo era molto più grande del calciatore. L'ultimo vero simbolo vivente, una delle personalità più forti che abbiamo visto, perché lui oscurava divi e politici. Basta pensare a Cannes 2008, al "litigio" con Wojtyla, al rifiuto di incontrare il principe Carlo e via dicendo. Maradona andava oltre il calcio, oltre l'Argentina e Napoli, era un simbolo e rappresentava i poveri di ogni parte del mondo, rappresentava la lotta contro l'ingiustizia, i magheggi e le raccomandazioni politiche, rappresentava, infine, la speranza che con il proprio talento si potesse fare qualcosa e uscire dalla miseria.  


I simboli, non gli idoli, non muiono e non possono essere distrutti, il suo essere divino lo metteva al di sopra del bene e del male, ma sono proprio i suoi errori che lo rendevano umano ed alimentavano la leggenda.
Bene, questo discorso si applica anche a Gardel, colui che aveva dato volto ad un paese o perlomeno questo hanno voluto gli argentini: lo hanno creato dal nulla, difatti non si sa dove sia nato, e Gardel, consapevole, si fa archetipo. Quindi la morte diventa fondamentale, ineludibile, è un incidente provvidenziale. "Non importa ciò che lui è stato, ma ciò che è: un immenso deposito di sogni, illusioni, fedeltà e odi inespressi."
L'identità, tuttavia, è ancora oggetto di discussione, non solo quella di Gardel, ma quella del popolo argentino. Per questo Munoz e Sampayo sberleffano gli intellettuali, in primis, e questa eterna crisi d'identità popolare.

Il b/n netto, denso, materico e grottesco di Munoz, manco a dirlo, dà voce all'ambiguità del racconto tra macchie d'inchiostro informi, stilizzazioni e ritmo sincopato, rappresentando un Gardel diafano, triste e sorridente. Tramite Gardel i due autori compiono un'analisi del loro paese. "L'ignoranza sul "vero" Gardel, andrebbe di pari passo con la perplessità con cui affrontiamo, come collettività umana, le nostre vicende."


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