Autore: Angel de la Calle
Titolo: Ritratti di Anime Morte
Editore: 001 Edizioni
Pagine: 295 in bianco e nero
Formato: 17 x 24 cm, brossurato
Di cosa si tratta? Ce lo dice stesso l'autore: "Tratta il tema dell’esilio, della pittura e di una generazione, proveniente dai quartieri della classe media di tutti i paesi dell’America latina, che ha cercato di prendere d’assalto il cielo. Non lo ha raggiunto ovviamente, ma ha pagato con un forte contenuto di disgrazie personali, di vite distrutte e di morte."
Il protagonista (osservatore) di quest'opera è Angel de la Calle stesso calato negli ambienti borghesi e intellettuali parigini degli anni '80. Costui p chiaramente è un alter ego dell'autore, è un espediente narrativo, ma non solo, è una scelta che subito ci fa capire che è una finzione, è un mondo alternativo; del resto, durante il suo soggiorno legge L'Uomo nell'Alto Castello di Dick. Tra l'altro alcune persone che incontra, tra cui Debord, non erano più a Parigi in quel periodo. Lui è uno spagnolo e si trova lì per scrivere un libro su Jean Seberg, la protagonista di Fino all'Ultimo Respiro di Godard e intervista pure quest'ultimo.I veri protagonisti invece sono le anime morte gogoliane che danno il titolo all'opera: artisti sudamericani che si sono rifugiati nella capitale francese durante le dittature di Pinochet, Videla...
Non è un graphic journalism anche se in alcuni punti lo è ma è impossibile classificarlo. L'opera è anche strutturata quasi come la Rayuela (è possibile leggere la storia da un capitolo a caso, ma il risultato non cambierebbe) di Cortazar (più volte nominato) e più storie si intecciano; inoltre, Angel mette insieme fatti reali e fatti inventati, come ad esempio il thriller artistico-politico, e qui invece capiamo perché il protagonista legge il romanzo di Dick e ne discute pure con Debord: dove inizia e dove finisce la realtà?, chi scrive la storia?, se la Germania avesse vinto la guerra?, e la memoria ha ancora uno scopo?
Quindi ecco la forza motrice del libro: "raccontare storie serve per restituire l'identità, per dire chi siamo e chi siamo stati". Restituire un'identità ai desaparecidos, togliere l'infamante accusa di fascismo verso i montoneros che i paesi "sviluppati" hanno affibbiato alla guerriglia che lottava contro la dittatura di Videla. Ricordare Oesterheld. Ricordare le torture che hanno ricevuto.
Una parte del fumetto è proprio un memoir di questi 3 artisti (argentino, uruguayano e cilena più un quarto inventato, messicano, perché i 3 moschettieri erano in realtà 4) che sono scappati dai campi di concentramento sudamericani. Non si piangono addosso, "non vogliono il perdono per essere sopravvissuti. E' successo. Non c'è spiegazione. Solo la follia dei carcerieri."
L'opera però ragiona anche sul ruolo dell'arte nella società, offre uno spaccato delle avanguardie del periodo e gli artisti sudamericani danno vita al movimento autorealista (a quanto pare Angel è il primo a trattare questo effimero movimento).
In altre parole, anzi, usando le assolutamente appropriate parole (prese da pagine diverse) del libro: "Gli stadi erano pieni di prigionieri, torturati e assassinati... Come rispondere con la pittura a tutto questo?"
"Abbiamo discusso senza sosta su come l'arte potesse cambiare la vita e la società e abbiamo concluso che l'arte ci stava stretta, si doveva fare politica. Alcuni lasciarono tutto... altri, come me, entrarono nei gruppi rivoluzionari. Volevamo che tutti fossero artisti, far svanire l'arte."
"Ma il mondo dell'arte è anche imbroglio, speculazione, collezionismo e soldi. Mercato e interesse composto. Più copia che originalità. Un eccesso di orpelli per nascondere macchinazioni e commerci loschi".
"Volevate cambiare perché l'arte che facevate era imposta dal nord, ed era una forma, un linguaggio dell'imperialismo."
"L'America latina è una colonia che due secoli fa lottò per l'indipendenza dalla Spagna. E ora vogliamo l'indipendenza dall'imperialismo yankee. Dalla dominazione del nord. Se non la guarda così non capirà mai. Siamo patrioti latinoamericani armati di pennello e fucile".
"A cosa potevano servire l'arte, la pittura... in un paese bagnato dalle proprie lacrime? Non era più il tempo dei pennelli, ma quello della resistenza e della lotta contro il fascismo."
Quindi danno vita in Francia a questo movimento dell'autorealismo che in pratica consisteva nel farsi il ritratto, poi stamparlo in centinaia di copie e appenderle per le mura della città. "Il volto è la nostra cartina personale del tempo che passa. Il nostro sguardo viene dalla morte."
Tuttavia si sa che questa loro persistenza nel vivere da morti con lo scopo di cambiare qualcosa in un paese straniero può tutt'al più suscitare la repressione da parte dei militari da cui sono scappati. "La guerra contro i militari è interminabile. Vogliono sterminarci e non permetteranno a nessuno di sfuggire. Noi... pensavamo di essere il paese e non eravamo altro che il paesaggio."
Alla cruda vicenda degli artisti torturati vi si legano anche sequenze ironiche verso la polizia, verso se stesso, verso i carcerieri e verso gli intellettuali in generale (Angel crede nell'attivismo artistico ma è consapevole anche della grande fuffa che esce dalle loro bocche).
Forse è meglio avere un minimo di background del periodo europeo ma anche sudamericano, magari aver letto La Società dello Spettacolo, Cortazar, Marquez, L'Eternauta (si cita anche Corto Maltese), ma in realtà è il fumetto stesso che ti spinge a fare delle ricerche. E' una lettura molto densa, colta e ricercata (con 10 anni di lavorazione alle spalle), ma allo stesso tempo brutalmente vera e diretta, mai abbellita, mai melò perché altrimenti si farebbe esattamente il contrario di ciò che hanno fatto le anime morte, sarebbe un tradimento. Cogliamo la palla al balzo per dire lo scopo della parte su Jean Seberg perché sembrerebbe del tutto sconnessa dagli artisti sudamericani e invece la utilizza proprio capire meglio il contesto sociale perché era una che aveva raggiunto il sogno americano, eppure: "bisogna capire cosa la rese così impegnata e ribelle. Sognatrice... piena di entusiasmo verso la gente, di rispetto verso i diversi, gli indigenti, i deboli, gli emarginati da un sistema ingiusto, che a lei non piaceva."
Non a caso, interrogandosi su come e cosa scrivere riguardo a questa biografia gli si fa notare che non bisogna cadere nell'errore di banalizzarla come una delle tante stelle del cinema "con amori, pettegolezzi, lusso e vita facile, annulla il senso della sua ribellione, delle proteste e della dissidenza. La uccide una seconda volta. [...] Credo che quando non si può raccontare la verità sia meglio non raccontare nulla."
Inutile dire che lo stile di disegno ruvido ma essenziale, brutto ma potente da scavare come le incisioni, è perfettamente in linea con la storia.
I pezzi citati non riassumono minimamente la narrazione o tutto il pensiero, sono appunto estrapolazioni di un lungo, complesso e anche frammentato discorso che ho riportato perché sicuramente, anche così, esprimono il pensiero meglio di quanto potessi fare. Come del resto la seguente bellissima e straziante doppia pagina è solo un'estrapolazione del memoir di uno degli artisti e ci ricorda che, girando la pagina, il continuo di quel gesto è ancora più devastante.
Angel ci ricorda quanto sia orribile la Storia, lo ricorda a noi che l'abbiamo dimenticata, a noi che non la conosciamo, a noi che abbiamo finto di non conoscerla e a noi che l'abbiamo riscritta.
"Quando sono andato in Messico a presentare l’edizione messicana di Ritratti di guerra ho indossato una maglietta di Ayotzinapa, perché ci sono 40 ragazzi scomparsi che non stanno ritornando e nessuno risponde per loro. La gente si gira dall’altra parte e non succede niente. In cose come questa non puoi restare neutrale. La storia è il presente non il passato, non è passata, è qui. È come pensare che il franchismo sia finito: non è passato, è qui, siamo noi. Trenta milioni di spagnoli sono andati a dormire franchisti e si sono alzati democratici. Questa storia è un po’ la stessa cosa ma in un altro luogo e in un altro tempo."
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