Autore: André Juillard
Titolo: Il Quaderno Blu
Editore: Acmecomics
Pagine: 144 a colori
Formato: 24 x 32 cm, brossurato
A Parigi, nel 1992, una giovane donna, Louise, viene corteggiata da due uomini, Armand e Victor, che si erano innamorati di lei quando l'avevano vista alla sua finestra. Louise, dopo aver ceduto alle avances del primo, rompe con lui per mettersi con il secondo. Ma un giorno riceve nella cassetta delle lettere un misterioso taccuino blu: il diario di Victor. Le sue certezze crollano e la storia che abbiamo appena letto viene riscritta dal punto di vista di questo quaderno e poi si trasforma in un'indagine di polizia. L'arrivo di una giovane donna, Elena, non fa che complicare un po' di più una storia apparentemente semplicistica.
Juillard è conosciuto principalmente per essere un grandissimo disegnatore di fumetti storici e la sua opera più famosa è l'epopea de Le Sette Vite dello Sparviero, scritta da Cothias, ma nel '94 si cimenta come autore completo in una storia intimista, che tra l'altro gli vale l'Alph Art ad Angouleme. Certo, dopo un decennio ai massimi livelli e con un discreto successo europeo Juillard può fare quello che gli pare, ormai la sua arte è consolidata, la sua mano ha una certa destrezza sia per la ricostruzione storica che per la gestione dei personaggi, ma nessuno si sarebbe aspettato un fumetto del genere e per giunta così ambizioso nella narrazione.
Partiamo dalla superficie, dal segno, e in questo caso la perfetta linea chiara di Juillard è un aggiornamento di quella di Hergé o per meglio dire è un'evoluzione verso il realismo, in modo simile e contemporaneo a quello di Giardino, senza però mai oscurare del tutto la componente cartoonesca (ovvero senza eccessi di realismo) in modo da creare un mondo tutto suo, che suggerisce l'estraneità della storia. E' un racconto intimista, un po' alla Film Blu di Kieslowski, e sulla scia di Antonioni vi troviamo un grandissimo senso della spazialità (vedere le immagini), portato avanti grazie a inquadrature che trasmettono solitudine, in cui c'è molto di Hopper, espressioni che mostrano i tormenti interiori e una storia narrata da 3 punti di vista, consentendo così di suscitare suspense e di svelare gradualmente gli elementi della trama. Juillard con questo lavoro dà mostra di tutta la sua eleganza e ne fa una vera lezione di disegno e narrazione. Il suo segno e il suo senso dello storytelling creano una sospensione, un mood in perenne attesa, un'atmosfera languida in cui si perdono i personaggi.
Juillard si interroga sull'amore e ne esplora il suo funzionamento, ma si interroga anche sulla resa, ovvero come renderlo su carta. Parte da uno scenario e un escamotage molto "parisienne": Louise appare nuda dopo essere uscita dalla doccia e, poiché ha dimenticato di abbassare le tende, attira, come si capirà dopo, la lussuria di due uomini bloccati fuori nella metropolitana. Quest'inizio da sogno bagnato in realtà cela già gli elementi della sua indagine. E' una questione di punti di vista, in primis, e di attrattiva fisica poi. C'è subito una distanza nella rappresentazione dovuta alla disparità tra l'interno, cioè la stanza di Louise, e l'esterno, la metropolitana. Si potrebbe dire che il punto focale degli uomini è Louise, mentre quello di quest'ultima, ignara di essere stata vista, è tutto interiore. Questi diversi schemi di messa a fuoco fanno progredire la narrazione, ma anche la lettura di questo fumetto; si passa così a storie narrate (con il famoso quaderno blu), poi vissute secondo la vita dei personaggi, che permette una mise en abyme tra lettore e narratore e ci permette di entrare nella storia o, per lo meno, nel mood. A Juillard interessa esplorare ciò che c'è negli interstizi tra le varie azioni dei protagonisti: non è tanto interessante cosa fanno, sono invece piuttosto scandagliate le motivazioni e le reazioni. La passione carnale, l'attrazione fisica, il corpo insomma è l'altro elemento fondamentale che va a braccetto con lo spazio urbano in quanto è ingannatore; Juillard non crede al colpo di fulmine, e la sinuosità dei corpi, femminili ma anche maschili, è un ostacolo all'amore. Louise in particolare è una donna dal grande fascino, che emana profondità a fior di pelle.
Inoltre, il corpo nudo si fa simbolo - quello di una giovane donna il cui corpo è visibile ma la cui anima, ancora nascosta, sarà esposta e i sentimenti saranno spogliati. Il corpo e i punti di vista di cui si parlava portano al voyeurismo e la contrapposizione tra l'urbanistica, resa con l'effetto di un piano sequenza (in modo da suggerire la continuità spazio-temporale e la persistenza) tramite la suddivisione di uno sfondo unico in più vignette, della parte superiore e il corpo nudo della parte inferiore della seguente tavola racchiude splendidamente l'essenza del fumetto. Inoltre, questa contrapposizione genera la vignetta di chiusura che mostra un ricordo triste che preannuncia un fato irrisorio già segnato. In realtà questa tavola è il perfetto seguito della pagina precedente, ovvero quella complementare di sinistra qui non postata, in cui Victor viene rappresentato nella sua interiorità, dapprima con una vignetta in cui lui viene visto dall'esterno mentre è affacciato alla finestra e poi nella sua stanza mentre sta per chiamare la Louise di cui si è innamorato proprio quando la vide nuda alla finestra. La messa a nudo di Victor in questo caso è la lettura del diario che scorre tra queste pagine, come si nota dalle didascalie con un font diverso che mima la scrittura a mano. L'atto di riversare su carta i propri sentimenti equivale a spogliarsi dello strato di timore e timidezza che li nasconde, del resto Victor è insicuro e titubante, ma il loro disvelamento sarà per lui fatale. E' ancora una volta l'esteriorità che inganna ed è l'interiorità che si fa portavoce di verità ma questa ovvietà viene resa, come abbiamo visto, in maniera raffinata e sottile, acuta.
Il terzo e ultimo capitolo è narrato dal punto di vista di Armand, che sembra quasi esterno poiché stiamo assistendo alle conseguenze della situazione sviluppata nei segmenti precedenti. E' necessaria una svolta, si è verificato un dramma, la cui natura la apprendiamo alla fine, che in un certo senso suggella la vicenda sentimentale prendendo la direzione di un thriller simulato. Sì, vira sul thriller investigativo perché a quel punto si deve sciogliere l'intreccio e svelare l'artificio romantico.
La scelta di ambientare la storia a Parigi, crocevia dell'amore romantico, assume un ruolo importante e la perizia di Juillard nel renderla viva, grazie ad una tavolozza quanto mai appropriata, è irrinunciabile in quanto la fa apparire delicata, quasi da cartolina, ma plumbea, tormentata, distante, inafferrabile. Il suo layout è molto sobrio ma con un'attenzione particolare a variare il più possibile il valore dei piani, che consente di collocare i personaggi nello spazio, nel cuore delle scenografie (interne ed esterne) prodotte con un ammirevole cura dei dettagli. Questa storia intimista, anzi individualista baciata dai toni sommessi di un disincantato snodo romantico non può fare a meno dello spazio in cui si muove. Parigi è il palcoscenico in cui vagano, girano e si inseguono i personaggi e pur non utilizzando una sottrazione totale, lo spazio diventa uno dei protagonisti del racconto. La vacuità e la pienezza, il realismo e l'artificio dello spazio si fanno portavoce dei sentimenti dei personaggi, li amplificano, creano i silenzi anche quando parlano, lasciano qualcosa di misterioso e non-detto come nella trilogia dell'incomunicabilità di Antonioni. Al contrario del grande regista ferrarese però qui non c'è uno spazio che fagocita i sentimenti, non è una borghesia persa nella sua ampollosa futilità. Le stanze, la metropolitana, i musei e le vie di Parigi vedono questi personaggi che si affannano in una ricerca d'amore senza senso e senza esito, forse impossibilitati ad amare. Tutto ciò sintetizza il concetto di spazialità citato prima. Inoltre, i protagonisti hanno professioni molto urbane, ovvero Louise è archivista e documentarista e Victor è un curatore di musei. Parigi evoca melanconia e i personaggi l'assorbono e, traslitterando Wenders, appaiono così vicini, così lontani. Chi ne esce peggio è proprio Louise, il cui orizzonte resta quello del tormento interiore mentre qualcuno in lontananza dice "ma la vita continua..."
Già che ci siamo, nel volume Acme c'è anche l'unica altra storia che Juillard ha realizzato come autore completo, Dopo la Pioggia, solo che non è un sequel di Quaderno Blu ma, come nella trilogia di Kieslowski, rivediamo i personaggi del primo. La storia è diversa, meno intimista e più investigativa, sempre narrata in un modo squisitamente raffinato e il tutto è calato in un sottotesto mitologico, con nomi biblici che fungono da archetipi. E' meno riuscita della prima perché queste storie vivono essenzialmente di sensazioni e l'azione, qui presente, diluisce il carico emotivo dell'atmosfera. Inoltre non ha la particolare narrazione dei diversi punti di vista. Cionondimeno è sempre uno Juillard in stato di grazia e la vicenda è atipica.
Eric Lavanchy ha scritto un saggio sul fumetto in cui si serve di Quaderno Blu per avvalorare la sua tesi sulla narratologia e sulle relazioni con il cinema e la letteratura. Non ho letto Etude du Cahier bleu d'André Juillard : Une approche narratologique de la bande dessinée ma credo che questo interesse dimostri quantomeno la particolarità dell'opera.
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