Autore: Toni Fejzula
Titolo: Patria
Editore: Guanda
Pagine: 304 a colori
Formato: 19 x 26 cm, cartonato
Dal momento in cui si tratta di un adattamento a fumetti del pluripremiato e omonimo romanzo di Aramburu si potrebbe giungere alla conclusione che tanto vale leggere solamente e direttamente la fonte originaria, ma sarebbe una considerazione frettolosa perché Fejzula gli dona un'altra vita, con un'altra espressione artistica e ne esce un'opera eccezionale con una propria identità.
Vediamo prima di cosa parla, la descrizione dell'editore è a fuoco e ci viene in aiuto: "Il giorno in cui l’ETA annuncia la fine della lotta armata, Bittori va al cimitero, sulla tomba del marito Txato, assassinato dai terroristi, per raccontargli che ha deciso di tornare nella casa dove vivevano insieme. La casa che ha dovuto lasciare perché la sua presenza, in quel paesino alle porte di San Sebastián, non era più gradita: le vittime danno fastidio. Ma lei, dopo i tanti anni trascorsi, non ha rinunciato a pretendere la verità e a farsi chiedere perdono, a cercare la via verso una riconciliazione necessaria per tutte le persone coinvolte. Soprattutto per quelli che un tempo si proclamavano amici. Quei vicini di casa che sono forse i genitori, il fratello, la sorella di un assassino. Attraverso le vicende di due famiglie legate a doppio filo, Patria racconta una comunità lacerata dal fanatismo, ma anche una storia di gente comune, di affetti feriti e di vite da ricostruire."
Sì, è un'opera drammatica e credo che sia uno dei fumetti più dolorosi che abbia mai letto ma, per fortuna, non è un drammone grazie al puntuale e necessario distacco nella forma, così da generare un'opera sulla memoria, sì, ma da più prospettive (come fa il romanzo) senza l'ombra di enfasi morale. La prima considerazione da fare è che è un adattamento fedele, non ho letto il romanzo ma così dice Fejzula, tuttavia la narrazione è differente perché l'autore ha intravisto un parallelo tra Patria e Tabucchi nel modo in cui "passa dal monologo interiore alla descrizione del personaggio e al dialogo diretto con dolcezza e lirismo". Per renderlo a fumetti gli viene l'idea di utilizzare un narratore, una voce in off. Non una, ma ben 8, una per ogni personaggio principale. Ebbene sì, l'utilizzo delle didascalie è molto interessante e originale per come le integra nella narrazione, a partire dall'uso di un colore diverso per ogni narratore. Ecco, questa è una scelta ponderata e fondamentale per portare avanti quel tipo di narrazione frammentato, secco, brutale, a suo modo lirico e senza la benché minima coordinata temporale. L'autore è riuscito in questo tour de force di adattare una narrazione polifonica in cui otto narratori si alternano per prendere l'iniziativa della storia. Insomma, durante la lettura assistiamo allo scorrere del tempo in maniera vorticosa, poiché le relazioni interpersonali dei personaggi si incontrano e si scontrano senza soluzione di continuità a furia di flashforward e flashback sprigionando un maelstrom di emozioni, bene o male quasi tutte "negative", partendo dalle tragedie, passando per gli attentati e infine giungendo allo scontro interiore. I personaggi, ognuno a modo suo, devono fare i conti con il proprio passato e con i propri ricordi, devono metabolizzarli e da qui viene il dolore onnipresente perché coinvolge tutta la comunità, tutto il paese, tutta la Patria.
Si lascia intendere che sono da astenersi quei lettori che prediligono esclusivamente una narrazione semplice e immediata. E' un consiglio, più che altro, poiché approcciarsi in modo errato comporta un eccessivo senso di confusione, mentre se si fa attenzione e lo si prende per quel che è, un'opera complessa, si verrà ripagati per il turbinio emotivo che Fejzula ha saputo creare.
Infatti non è una narrazione standard, ma "emotiva", psicologica, nel senso che i colori, il segno, i testi e lo storytelling restituiscono emozioni, atmosfere, sentimenti. Dalle immagini si nota subito una grafica pittorica e non è un caso che in Italia lo abbia pubblicato proprio un non-editore di fumetti; certo, l'editore del romanzo di Aramburu fa affidamento su quel pubblico, a maggior ragione se è passato in sordina tra i lidi fumettistici, ma si sarà anche accorto dell'influenza culturale che questo linguaggio sta assumendo di recente nella percezione pubblica nel nostro paese e certamente Patria di Fejzula, aperto a sperimentazioni grafico-narrative e unito all'appellativo di marketing che è il graphic novel, si può inserire perfettamente in quella cerchia che pontifica la cultura alta. Tuttavia il rovescio della medaglia è che, salvo casi di bagliore artistico dato dalla forza pittorica delle immagini, Patria può essere apprezzato (o meno) da chi conosce abbastanza bene il mezzo o comunque da chi ha una visione non univoca del fumetto (mezzo semplice, immediato) per via della struttura tipicamente fumettistica, dell'associazione testo-immagine insomma. E', come dicevo, una lettura che richiede uno sforzo per non venire tramortiti e allo stesso tempo per lasciarsi travolgere dalla sua forza espressiva.
Infatti non è una narrazione standard, ma "emotiva", psicologica, nel senso che i colori, il segno, i testi e lo storytelling restituiscono emozioni, atmosfere, sentimenti. Dalle immagini si nota subito una grafica pittorica e non è un caso che in Italia lo abbia pubblicato proprio un non-editore di fumetti; certo, l'editore del romanzo di Aramburu fa affidamento su quel pubblico, a maggior ragione se è passato in sordina tra i lidi fumettistici, ma si sarà anche accorto dell'influenza culturale che questo linguaggio sta assumendo di recente nella percezione pubblica nel nostro paese e certamente Patria di Fejzula, aperto a sperimentazioni grafico-narrative e unito all'appellativo di marketing che è il graphic novel, si può inserire perfettamente in quella cerchia che pontifica la cultura alta. Tuttavia il rovescio della medaglia è che, salvo casi di bagliore artistico dato dalla forza pittorica delle immagini, Patria può essere apprezzato (o meno) da chi conosce abbastanza bene il mezzo o comunque da chi ha una visione non univoca del fumetto (mezzo semplice, immediato) per via della struttura tipicamente fumettistica, dell'associazione testo-immagine insomma. E', come dicevo, una lettura che richiede uno sforzo per non venire tramortiti e allo stesso tempo per lasciarsi travolgere dalla sua forza espressiva.
Ho detto che da una pagina all'altra si può assistere ad un subitaneo salto temporale ma, senza la didascalia che indica l'anno, questo salto lo si può notare facendo attenzione ai dettagli. Inoltre, Fejzula dopo il prologo, che di per se è già spiazzante e ti fa accendere una spia di allerta, fornisce uno schema con i colori connessi ai personaggi ed è bene soffermarsi per ricordarli. Certo, poteva utilizzare dei colori più diversificati, non c'è tutta questa differenza tra rosso chiaro e rosso scuro o tra verde chiaro e verde scuro, ma bene o male si capisce chi sta parlando grazie a ciò che succede. E' vero che non dando coordinate né altro stonerebbe trovarsi delle note a piè pagina (a tal proposito, la traduzione non è proprio impeccabile), però mi ci sono volute diverse pagine per capire che "l'ama" significa la mamma e "l'aita" il papà. L'altra particolarità è proprio l'uso dell'articolo determinativo davanti ai nomi. In effetti il linguaggio rispecchia la lingua basca e direi che è un elemento fondamentale, come d'altronde è la volontà di rendere il disegno non immediato perché così facendo rafforza l'idea di rappresentare non solo le due famiglie ma una moltitudine, "che sia il lettore a completare i loro visi" dice Fejzula, ma lo stesso vale anche per le ambientazioni, suggerite e indeterminate, vaghe, spesso quasi astratte, quindi universali. E' interessante notare che la pioggia è un elemento presente nei momenti chiave della narrazione, ma il clima, che qui lo si può respirare, è esattamente uno strumento per quel tipo di narrazione psicologica di cui si parlava. Questa non è solo la storia di Bittori, Miren, ecc., ma è una fotografia lucida della situazione dell'Euskal Herria dal post-franchismo ai giorni nostri, insomma per tutto il periodo dell'ETA, che è un'organizzazione che "deve agire senza sosta. Non ha altra scelta. E' da tempo che è caduta nell'automatismo dell'azione cieca. La macchina del terrore, una volta che ha preso velocità, non si può fermare".
Non sono pochi i fumetti spagnoli degli ultimi 20 anni che parlano del franchismo, del resto è una ferita ancora aperta, un po' come facevano le historietas un tempo, però Patria ci parla di una realtà meno conosciuta, quella dell'Euskal Herria appunto. Romanzo o graphic novel che sia sono opere fondamentali perché parlano alla memoria che, si sa, è dura d'orecchi e poi quando c'è anche la qualità - secondo me - dovrebbe per lo meno suscitare interesse. Per certi versi è simile a Ritratti di Anime Morte di de la Calle. Del resto si possono ritrovare lo scopo e i motivi di tali operazioni artistiche nella pagina (se si legge dalla foto) in cui si ricordano le vittime del terrorismo:
Non sono pochi i fumetti spagnoli degli ultimi 20 anni che parlano del franchismo, del resto è una ferita ancora aperta, un po' come facevano le historietas un tempo, però Patria ci parla di una realtà meno conosciuta, quella dell'Euskal Herria appunto. Romanzo o graphic novel che sia sono opere fondamentali perché parlano alla memoria che, si sa, è dura d'orecchi e poi quando c'è anche la qualità - secondo me - dovrebbe per lo meno suscitare interesse. Per certi versi è simile a Ritratti di Anime Morte di de la Calle. Del resto si possono ritrovare lo scopo e i motivi di tali operazioni artistiche nella pagina (se si legge dalla foto) in cui si ricordano le vittime del terrorismo:
Ad essere interessante è tutta la trattazione sul concetto di patria, a cui si legano tanti temi, come quello problematico della memoria collettiva ma la collettività è fatta di individui ed è lì che si sviluppa la storia di riconciliazione, che è la stessa del romanzo, sì, ma ripetiamolo: è indubbiamente un'esperienza diversa a partire dal tempo di lettura. Del resto, ad un'impaginazione libera si affiancano i già citati testi secchi, spezzati, cacofonici nel loro insieme, a rimarcare, ancora una volta, non solo il singolo, e ci si aggiunge una poliedricità caleidoscopica delle immagini che Fejzula mette su carta tramite uno stile non uniforme, talora è definito, talora utilizza pennellate spesse e addirittura "grafismi bruti". Ciò che mi preme sottolineare è una cosa che dice l'autore stesso nella postfazione circa il suo metodo ed è l'istinto, l'improvvisazione e da qui si capisce anche perché non sembra mai artefatto ma anzi viscerale.
E' una lettura pesante, utilizzo l'accezione positiva e non quella tipicamente negativa che questo tipo di commento tranchant porta con se, ma anche appassionante, soprattutto una volta che ti sei abituato alla narrazione, e la sua struttura ostica ti resta dentro e per un libro che parla di memoria non mi sembra un particolare secondario.
E' una lettura pesante, utilizzo l'accezione positiva e non quella tipicamente negativa che questo tipo di commento tranchant porta con se, ma anche appassionante, soprattutto una volta che ti sei abituato alla narrazione, e la sua struttura ostica ti resta dentro e per un libro che parla di memoria non mi sembra un particolare secondario.
Nessun commento:
Posta un commento