Autore: Mill & Jones
Titolo: Square Eyes
Editore: inedito (Jonathan Cape)
Pagine: 250 a colori
Formato: 23 x 26 cm, cartonato
E' un fumetto sulle città robotiche, la realtà aumentata e la memoria digitale, in cui i confini tra memoria, sogni e dati hanno cominciato pericolosamente a sfumare. La protagonista della storia è Fin Ueda-Soto, brillante pioniere della realtà aumentata, che ha sviluppato un modo che consente agli utenti di dare forma virtuale ai propri pensieri, ovvero creare la propria realtà aumentata. Tuttavia il sistema è instabile e quando la sua comprensione della realtà inizia a svanire, subisce un crollo e un giorno si sveglia in una sorta di clinica di riabilitazione per la dipendenza virtuale e il disagio psicologico. Da lì, il libro ripercorre il suo viaggio a ritroso tentando di reclamare la sua vecchia vita mentre lotta per distinguere i propri "ricordi" da i "flashback" sconosciuti e per districare il mistero di cosa sia successo all'azienda che ha creato e del suo precedente ruolo in essa.
Gli autori utilizzano la confusione e l'inganno per sviluppare una storia ambientata in un paesaggio desolato e stracolmo allo stesso tempo. Difatti il fumetto gioca su questa dicotomia che si estende a più livelli. Le persone possono interagire con lo spazio che le circonda e molte delle immagini più sorprendenti del fumetto suggeriscono in modo convincente come potrebbe essere un'esperienza del genere, poiché la grafica digitale si sovrappone allo spazio fisico "reale" sottostante. In effetti, questo stile di stratificazione si riallaccia alla dicotomia appena citata poiché estende ciò che capita al protagonista anche al lettore: entrambi non sono sicuri di cosa sia reale, potrebbero essere allucinazioni o falsi ricordi. Questo è anche suggerito dalla combinazione di colori, Anna Mill spesso utilizza una tavolozza tenue e contenuta, sfumando e offuscando così la distinzione tra l'aumentato e il reale. In particolare utilizza i toni di grigio per la realtà e una colorazione caleidoscopica per la realtà aumentata, in modo da suggerire un abbellimento della squallida e noiosa realtà quotidiana. Un espediente semplice ma efficace e opportuno poiché la novità in questo caso sta nel modo in sussiste questa transizione, ovvero la realtà aumentata c'è in alcuni punti della città. E' un concetto simile al wifi, se non prende non sei connesso. Quindi puoi passare da un luogo reale ad uno aumentato.
E' forse ancora più interessante l'uso dell'infografica per
ricreare i collegamenti alla realtà aumentata, ma andrebbero bene anche
per il normalissimo internet. Il fumetto fa spesso ricorso ai blocchi di collegamento, per simulare una chat, o alle immagini stroboscopiche per la manipolazione di un programma. Niente di nuovo ma lo fa piuttosto bene, se non meglio di chiunque altro.
Ciò che lo rende distopico è proprio la presenza di questa tecnologia, di una portata tale da compromettere la nostra comprensione della realtà, consentendo anche alle forze
esterne (sorveglianza del governo, marketing aziendale) di
manipolare e distorcere la percezione per i propri fini. Forse si è già capito ma questo è un fumetto
che richiede una lettura attenta, un occhio indagatore e una volontà di ricostruire la storia, che onestamente è anche semplice e lineare. E' il modo in cui viene espressa che risulta difficile ma perché gli autori ti mettono sullo stesso piano dei personaggi.
In generale, mi è parso interessante il modo in cui gli autori attuano il worldbuilding, non spiegano molto, anzi, ma lo si percepisce tramite scambi quotidiani; insomma attraverso la tecnologia che ha minato la vita di tutti i giorni e quindi tramite le minuzie. Perché non ci viene spiegato tutto? Perché non ne abbiamo bisogno e perché, nuovamente, ci mettono sullo stesso piano dei personaggi. Difatti, noi non sappiamo come funziona il mondo che ci
circonda, non sappiamo perché il cellulare funziona eppure lo utilizziamo.
Mi è piaciuto abbastanza anche il ritmo narrativo della storia. È pieno closure da aspetto ad aspetto, ovvero le vignette sono utilizzate per ignorare il tempo per la maggior parte e fissare uno sguardo vagante su diversi aspetti di un luogo, uno stato d'animo o un'idea. Tuttavia lo fa in un modo più vicino alla sensibilità europea rispetto ai
manga, di solito considerato il regno delle transizioni istantanee.
C'è da dire che entrambi gli autori sono architetti e si sono lanciati in questo progetto che gli ha richiesto 8 anni di lavorazione. Anna Mill ha detto di essersi ispirata, tra i fumettisti, a Winsor McCay, Moebius, Otomo... e in effetti si vede. Aggiungerei che molte tavole danno un senso di pienezza, con strade brulicanti di personaggi, alla Darrow ma io penso che in alcuni momenti si noti che abbia un background non da fumettista. E' vero che il paesaggio urbano deve essere saturo di confusione digitale, ottenuta anche grazie a dei colori stratificati (dice di aver studiato anche Maxfield Parrish ma non è che traspaia, a me sembra la granulosità di McCay o quella più sfumata di alcuni lavori di Moebius ma fatta in digitale), ma l'equilibrio non sempre regge. Non è l'unico problema. I protagonisti rimangono sempre
abbastanza distanti dal lettore e non mi sembra una cosa troppo voluta. C'è qualcosa di freddo nel modo in cui
vivono sulla pagina, nel modo in cui si muovono e interagiscono con
l'ambiente che, di nuovo, è voluto ma manca il quid del grande fumettista. C'è da dire che ovviamente non è una storia character driven, la si legge per i concetti e per come li affronta.
Ci sono, ovviamente, temi distopici ben elaborati, particolarmente amati
da Philip K. Dick: cosa è reale? Chi sono? Posso
fidarmi dei miei ricordi? Come ho letto anche altrove, calza a pennello la considerazione lockiana secondo cui la base
dell'identità è la memoria: minala, e chi sono "io" inizia a
cambiare e a sfaldarsi. Square Eyes esplora questi temi in modo molto
sottile, lasciando che queste preoccupazioni restino spesso sullo sfondo,
rivelandosi tanto visivamente quanto nei testi o nell'azione. Il
lettore non solo considera astrattamente la natura di tale
disorientamento, ma lo sperimenta attivamente.
Gli autori esplorano anche il tema dell'architettura che influenza il
modo in cui le persone vivono al suo interno e, a sua volta, il modo in
cui il comportamento delle persone influenza l'architettura.
Come dice anche l'autrice: "La città in realtà aumentata potrebbe essere
in uno stato di cambiamento continuo e infinita varietà, uno spazio di
esplorazione e creazione condivisa, ma può anche essere un luogo di
ordine totalitario, di controllo del pensiero attraverso la virtualità.
Se vivi in un mondo in cui l'illusione è onnipresente, l'uso
consapevole di questa virtualità è importante, così come il suo
controllo. Sei un partecipante creativo o un consumatore passivo? Aiuti a
creare il mondo o ne sei semplicemente fatto?"
Nessun commento:
Posta un commento