Pensieri Sparsi - The Extremist di Ted McKeever e Peter Milligan

Autore: McKeever & Milligan
Titolo: The Extremist
Editore: Rw Lion
Pagine: 96 a colori
Formato: 17 x 26 cm, brossurato

"Omicidio, sesso, amoralità. Tutto è permesso con un costume addosso."

Quest'opera di Milligan rappresenta in tutto e per tutto ciò che avrebbe dovuto essere realmente la Vertigo: la linea editoriale del fumetto alternativo, sporco e viscerale, strafottente e cinico nella messa a crudo degli aspetti più macabri della società. Certo, che la Vertigo rappresenti il fumetto alternativo è un pensiero comune e se l'alternativa era il supereroe allora posso anche capire il motivo. Milligan però era alternativo per davvero e lo ha dimostrato più volte con opere come Face ed Enigma, per citarne un paio, ma forse The Extremist è quella più rappresentativa.
Milligan non ha niente a che vedere con le storture di Preacher, che sono comunque costruite per acchiappare un certo pubblico, e in ogni caso osa molto di più. Stesso discorso per Transmetropolitan, che reputo di un livello superiore rispetto alla creatura di Ennis, ma nonostante la riuscita critica di fondo e la vogliosa aura di trasgressività che vorrebbe mettere perennemente in bella mostra c'è pur sempre troppa figaggine e la merda non sembra mai veramente merda. In queste 2 serie, che sono rappresentative di ciò che è realmente stata la Vertigo, la tendenza all'intrattenimento è pur sempre presente, ma non si può dire lo stesso per The Extremist. Comunque, dal momento in cui le 3 opere di Milligan non sono serie, sarebbe più opportuno fare un parallelo con Shade ma non l'ho letta e non mi interessa sapere se ce l'ha fatta a restare se stesso anche nel campo ben più tradizionale delle serie lunghe.
The Extremist non è un fumetto sui supereroi e dunque non può essere una decostruzione del genere, come dicono alcuni. The Extremist scandaglia l'io, pirandellianamente parlando, e lo fa con rasoiate provocatorie. C'è il costume, sì, ma è un concetto più vicino alla maschera, come quella che indossano i personaggi di Eyes Wide Shut (o Doppio Sogno); il costume è uno strumento: "Mi sono sentita come se fossi stata liberata. E' il costume. Ti libera. Ti seduce. Ti stupra."  


L'opera analizza il concetto di estremismo ma si estende a tutti gli ismi e, ancora più in generale, analizza la moralità, un concetto legato al tempo e alla società. Molto semplicemente, cosa è estremo oggi e in questo luogo non lo è altrove in altri tempi. Milligan è ossessionato dall'identità, in particolare dall'identità sessuale, e questo potrebbe essere il suo trattato più inquietante sull'argomento.
Le domande principali che l'opera pone sono:
- Si può ritornare normali dopo che l'abisso ha scrutato dentro di te?
- Il costume ti rende te stesso o ti trasforma?
- Anzi, e se invece è nella vita di tutti i giorni che stai indossando inconsapevolmente un costume per adeguarti all'ipocrisia del mondo liberale? "Malattia è il tipo di parola che Patrick userebbe per descrivere la moralità liberale..."
La storia di Milligan è interessante perché il costume è chiaramente un simbolo che attrae tutti, "li libera", ma ognuno risponde in modo diverso. Tra l'altro, forniamo un minimo di contesto. Un'organizzazione segreta, L'Ordine, sfrutta la figura dell'Estremista per eliminare coloro che la ostacolano negli atti estremi, amorali, conturbanti che perpetua. Ci sono riferimenti al marchese De Sade non a caso...
Il punto è che i 3 personaggi che entrano in contatto con il costume, che gli permette di accedere ad un io altro o ad un io profondo, ne sono attratti in maniera diversa: chi è stato sopraffatto pur rinsavendo e ritornando alla condizione morale di partenza; chi è solo affascinato dal simbolo ma è troppo una persona perbene per poterlo sfruttare; e chi invece lo abbraccia, lo veste come una nuova pelle credendo di essere a quel punto libero dimenticandosi però di essere rimasto imprigionato sotto una coltre di morbosa ossessività. I simboli non muoiono, ma siamo noi a piegarci ad essi. Senza contare che Milligan non concede giudizi, non prende parte attivamente alla discussione, non punta il dito, narra con distacco chirurgico situazioni scabrose ma che indubbiamente parlano a chiunque. Il problema semmai è ammetterlo, di avere, talvolta, idee da Estremista.
McKeever invece illustra la storia con un segno sporco, sghembo e squallido che si sposa perfettamente con le atmosfere torbide della storia. Come è tipico di Milligan, ci sono molte didascalie di pensieri ma questo non è un limite per il disegnatore in quanto riesce a far fluire la storia grazie ad uno storytelling efficace e improntato al mood: la vignetta dove c'è la didascalia crea immediatamente lo stato interiore del personaggio o del luogo. Insomma, McKeever riesce a elaborare bene sia le parti dialogate che quelle didascaliche e in tutto ciò Milligan ha una prosa efficace, cruda ma anche dotta soprattutto quando c'è il personaggio farneticante, il tipico artistoide questa volta travestito da rivoluzionario della morale. Questo personaggio poi è fondamentale nella storia ma anche per ciò che rappresenta. La libertà morale offerta da Patrick è un'arma a doppio taglio, è una specie di patto faustiano e lui è Mefistofele, ma Patrick è l'unico totalmente onesto fin dall'inizio. Essere “estremo” significa essere onesti, anche se causa danni irreversibili. Del resto Jack e Judy avrebbero potuto essere onesti l'uno con l'altro, ed entrambi sarebbero sopravvissuti poiché erano molto più simili di quanto pensassero, ma le bugie che si raccontavano hanno costruito un muro tra di loro. L'onestà ha un prezzo, ma l'ipocrisia ha un costo.


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