Autore: Mezzo & Pirus
Titolo: Le Roi des Mouches 1/3
Editore: Inedito (Glenat)
Pagine: 62 x 3 a colori
Formato: 24 x 32 cm, cartonato
La coppia esordisce con delle opere hard-boiled folli che, per comodità, associamo ormai a Tarantino e la loro ultima incursione nelle editorie italiane risale a vent'anni fa con Mickey Mickey della Coconino. Nel frattempo danno alla luce la loro opera magna, che si discosta dall'hard-boiled, fracassando la "rete di sicurezza" delle opere di genere, e non ha niente a che vedere con Il Signore delle Mosche di Golding. In realtà è difficile descrivere Il Re delle Mosche proprio per la sua assenza di codici predefiniti e la sua maggiore vicinanza al mondo che ci circonda rispetto alla fiction di genere ma, anche qui per comodità, iniziamo col dire che potrebbe essere un Charles Burns che incontra Daniel Clowes o un Lynch che incontra Gaspar Noé.
E' uno spaccato sul disagio sotto acidi in cui il sovrannaturale e l'inquietante sono solo frutto della fantasia dei protagonisti. Vite parallele si incrociano e si perdono di vista attorno alla figura di Éric Klein, giovane stronzo pasticcomane autoproclamatosi "Re delle mosche". Abbandonata la narrativa di genere, la trama passa in secondo piano, come è giusto che sia, e l'interesse è volto alla pulsione dei personaggi, quello che vivono nel momento in cui lo vivono. Seguiamo dunque le delusioni quotidiane di giovani (e non) smarriti, delimitati da noia, piaceri artificiali, sesso e alcol. Bloccati nella banalità della loro esistenza, cercano di evadere attraverso alcol, droghe, antidepressivi e sesso.
Certamente si possono ritrovare le atmosfere minacciose, appiccicose e cupe di film come Mulhoand Drive e tuttavia degli autori citati c'è ben poco. In pratica, la presenza preponderante di didascalie, quindi la natura più letteraria ma anche l'enorme densità la rendono un'opera a sé stante. Anzi, è proprio molto interessante l'uso delle didascalie, argomento che verrà trattato più volte dopo. A differenza di fumetti come quelli di Loustal, in cui le immagini non possono quasi mai stare da sole, eccessivamente illustrative, Mezzo sfrutta ottimamente la sequenzialità, e molte tavole si potrebbero leggere "mute", essendo molto espressive.
Mezzo è accostabile a Burns per la parte grafica, anche se più ruvido e meno gommoso, e forse un po' per l'atmosfera da quasi "fine secolo" (in Black Hole si è costantemente in attesa che qualcosa di grosso stia per succedere), ma è riduttivo. Potrei citare anche il recentissimo Nick Drnaso con cui ha in comune l'ossessione, però Drnaso praticamente non utilizza didascalie, utilizza spesso i silenzi e un layout alla Ware. Quindi c'è un'alternanza, un cambio di ritmo nella sua claustrofobica e glaciale apatia. Qui niente di tutto ciò, il ritmo (perlomeno di ogni volume) è sempre uguale, dall'inizio alla fine, in ogni capitolo, con ogni narratore. Lo descriverei con l'incipit di Neuromante: «Il cielo sopra il porto aveva il colore della televisione sintonizzata su un canale morto.»
In sottofondo non ci sono gli Stones e gli altri gruppi che ascolta Eric ma una musica elettronica disturbante ed ossessiva. Sicuramente tutti gli autori citati hanno in comune il malessere quotidiano e il disturbo psicotico, la depressione post-adolescenziale (e non solo però), ma alla fine sono temi universali. Si potrebbe citare anche il David Boring di Clowes.
Prima di scrivere queste righe l'ho riletto. Non dico che mi ero dimenticato quanto amassi questo fumetto ma dopo più o meno 2 anni mi ha sorpreso come allora, mi ha trasmesso le stesse sensazioni, come se si fosse cristallizzato nella mente. Non è una contraddizione, ma l'assocerei all'amore duraturo: lo si dà per scontato. Potrei definirlo un instant classic personale.
Tutto ciò considerando che mi ha stufato da parecchio il disagio adolescenziale o post-adolescenziale. Qui ci sono anche i loro genitori ma il discorso non cambia. Non tutto ovviamente, ci sono le eccezioni e sicuramente Black Hole e David Boring sono tra queste. Tendenzialmente le eccezioni sono tali perché travalicano il concetto di piangersi addosso e invocare il nichilismo senza averlo masticato e digerito. Non parlo neanche di qualità ma di interesse personale. Più che altro posso apprezzare l'atmosfera di storie del genere se non è dettata da facilonerie; e Mezzo è atmosfera pura.
Sin dal primo tomo i vari personaggi hanno un linguaggio e modo di vedere il mondo affine ma diverso e ci saranno differenze ancora più marcate nei successivi ma la scrittura di Pirus non si piega mai; può subire delle modifiche tra i volumi ma la mano è quella. Tra l'altro è proprio l'interazione tra testo e disegno che si va modificando nei volumi. A me piacciono molto le metafore visive, i pensieri visivi, le parti in cui immaginano le cose, che siano indotte dalla droga o dai desideri repressi. Le trovo originali ed efficaci, ci ritorneremo.
Il fatto poi che nelle didascalie non ci siano le virgolette per citare le frasi dette da qualcuno amplifica lo straniamento di un testo già crudo di suo. Inoltre Pirus dice esplicitamente che voleva catturare questo aspetto zapping del pensiero di Eric. Il re delle mosche è costruito su questa volontà di fare a meno delle congiunzioni coordinative (ma, o, perché). Aggiungiamoci anche la geometria glaciale degli sfondi e la loro composizione e quei colori algidi, oppressivi e allucinati. Gli autori hanno un approccio molto rigoroso, si vede già dalle tavole, ma ce lo conferma Pirus stesso; lui scrive una sceneggiatura molto dettagliata e disegnata, con tanto di inquadrature, un po' come Alan Moore, ma si interfaccia con Mezzo in ogni fase della realizzazione per le modifiche al fine di garantire una maggiore coesione tra testo e disegno. "Direi addirittura che la dimensione dei blocchi di testo determina lo stile letterario. Ho bisogno di sapere esattamente quale sarà il disegno della prossima casella perché il testo venga ravvivato da questo disegno". A tal proposito, Mezzo descrive così il suo compito: "rendere fisici i pensieri dei personaggi. Un po' come un attore, e per tutti i ruoli." Continuando, "La mia linea è abbastanza realistica e deve esprimere il minimo sentimento, ma allo stesso tempo non deve mai essere eccessivamente espressiva. È necessario che prenda una certa distanza affinché le parole di Michel mantengano il loro impatto. Per questo i miei personaggi sono sempre abbastanza fissi, come soldatini, a volte ieratici. Il gesto è spesso minimalista. Qui, la caricatura è il mio nemico. La leggibilità il mio obiettivo senza dimenticare l'estetica, ovviamente."
![](https://www.bedetheque.com/media/Planches/roidesmouches01p.jpg)
Più o meno è un concentrato di cinismo e malessere di vivere. A differenza delle cittadine tranquille di Lynch che nascondono il male, qui c'è una cappa di malessere o disagio che ammanta tutta la patina superficiale di cittadina tranquilla. È come se non ci fosse niente di nascosto, nessun segreto terribile, è così e basta. Penso che risieda in questo l'enorme fascino del fumetto, non perché io veda il mondo così ma perché è davvero difficile creare qualcosa del genere senza risultare melodrammatico o forzato. Credo sia fondamentale il fatto che i personaggi si mettano a nudo, quindi grazie alla narrazione in prima persona perché ti spinge nei meandri dei personaggi senza il volerli psicanalizzare e giudicare. Non solo capisci cosa pensano degli altri ma anche di loro stessi. Oltre al concentrato di cinismo e malessere c'è anche una certa consapevolezza e voglia di cambiare. Eric sa che è un fallito perdigiorno dipendente dalla madre. Marie sa di essere un'adolescente che deve crescere e cerca ora di recuperare il tempo perso scopando uno più grande, del resto proprio chi si scopava la sua figura di riferimento, cioè Sal. Quest'ultima sa di essere una stronza e così via. Non c'è molto spazio per la risata ma per una sottile autoironia sì, il che me lo fa apprezzare ancora di più.
Per certi versi il lettore si sente un “testimone forzato”, come preso in ostaggio dal racconto. Infatti per Mezzo: "Alcune persone hanno persino parlato di dipendenza. Nonostante i cattivi sentimenti e la cattiveria, si sentivano presi in una spirale, come affascinati. I buoni sentimenti sono spesso una maschera e la cattiveria a volte è liberatoria. Se leggere Il re delle mosche offre una sensazione di giubilo, va abbastanza bene". Continua Pirus: "Penso che ci sia anche un lato oscuro e confessionale ne Il Re delle Mosche. Saresti come al posto del prete, ma allo stesso tempo chi non vorrebbe essere in quel posto? Mi piace molto il testo in prima persona."
Nel
secondo tomo si fa un maggiore uso di balloon (questo vale per alcuni
personaggi e comunque già era così verso la fine del primo) e quindi di
dialoghi. Trovo che questo si rifletta nell'evoluzione dei personaggi, che
stanno iniziando a vivere meno nel loro mondo interiore e sono maggiormente
aperti al confronto.
Avevo
detto che si poteva trovare maggiore differenza tra i personaggi nel secondo.
Infatti, abbiamo la mamma di Marie, una signora in menopausa, e David,
l'esteta, che indubbiamente combatte, tra le altre cose, la povertà del
linguaggio in un modo tra l'altro sfrontato, rivolgendosi persino al lettore.
Nel secondo tomo non sfondano solo la quarta parete ma anche quella della
realtà. Qui vediamo personaggi morti parlare e interagire con i vivi. Il primo
che fa capolino nella storia è Damien, il personaggio più disilluso e al
contempo romantico. Secondo Eric era un coglione e questo ci fa capire come il
giudizio di Eric possa essere facilmente confutato dalla voce interiore
dell'altro. Difatti, a ben vedere Damien è un personaggio decisamente
interessante e umano, più da morto che da vivo visto che lo vediamo solo
filtrato da Eric. In realtà andrebbero citati altri personaggi, Dennis tra tutti, poiché sicuramente i morti sono le emanazioni delle paure e turbe di Eric o magari non solo sue, se non vogliamo rendere la serie Eric-centrica. Ha inventato tutto lui, questo lo dice apertamente, anche se non ho chiaro come si incastrino i vari trascorsi tra i morti. Per esempio, immagino che il gemello di Ramos si faccia male da solo.
Penso che la contemplazione su Marte sia un richiamo a Watchmen e
l'ultima pagina del secondo tomo a 2001.
Alla fine del secondo tomo potevo dire che mi piacevano tutti i personaggi, mi piacevano gli sviluppi tra le loro relazioni e come stavano cambiando, chi più e chi meno, chi in meglio e chi in peggio.
![](https://www.liberation.fr/resizer/b4TTavAco-lydxAfhiW3aFSf-gs=/1024x1536/filters:format(jpg):quality(70)/cloudfront-eu-central-1.images.arcpublishing.com/liberation/VKFXVHJEKJCOAUNAO5OL7VTQEU.jpg)
Passiamo ora al tomo finale, il più delirante. Il primo capitolo è un
vero schiaffo in faccia; chiamato Hallali, che è un grido per la caccia. Dunque
inizia con una caccia all'uomo. Frenetico. Del resto c'è una cosa che è cambiata nel volume 3
rispetto ai primi due volumi e che ne ha condizionato parecchio il ritmo: nei
primi due volumi Eric parlava al passato e gli altri personaggi al presente,
nel terzo c'è un'inversione. Quest'escamotage dà più urgenza. Pirus infatti dice:
"Inconsapevolmente il passato implica un passo indietro, un'analisi, il
presente invece lo vieta. Eric è come qualcuno che verrebbe aggredito dagli
eventi che gli accadono e proverebbe a farsi strada con la forza con una spada.
Ogni parola è un colpo di sciabola cantato e ondeggiante."
Penso che il terzo volume vada pesantemente interpretato e magari mette sotto una nuova luce anche i 2 precedenti. Propongo una simbologia piuttosto semplice da verificare:
Mosca = desiderio carnale, sporcizia, degrado, ossessione. Su quest'ultimo punto: Plutarco "la identifica nell'indocilità, poiché non tollera di essere addomesticata né toccata, nonostante sia a contatto con l'uomo". Omero come pertinacia.
Cervo = rinascita, rigenerazione vitale.
Ne deduco che il caro Eric va incontro a un mutamento, si spoglia (viene scuoiato) della sua depressione e malessere dovuto al suo voler essere unico e quindi adatto a nessuno (un eterno secondo, come direbbe Dennis anche se ai suoi occhi appare come un primo), per vestire la maglia di Ringo per "officiare alle cerimonie degli altri", delle persone comuni, pervase dalla frustrazione, dall'odio vitale ma superficialmente felici. Diventa una "pentola a pressione" che accumula quanto c'è di negativo per poi esplodere. Quale è la differenza? Che prima era sé stesso, era un vulcano, l'esterno era come l'interno. Con "lo sciame che se ne va" diventa uno dei tanti, si normalizza e trova la presunta felicità nella cosa più comune: la famiglia, con compagna e un figlio (non suo, ma lo spaccia come tale e questo è perfettamente in linea con il doversi mostrare). Molto importante difatti è la voce interiore dei personaggi, è tramite i loro pensieri che li vediamo veramente, altrimenti vedremmo solo il giudizio altrui.
Il volume si chiude con un desiderio - non tanto di visione nichilista ma - di accettazione, come un novello Alex DeLarge, consapevole che gli girano ancora le stronzate in testa e per tanto vorrebbe cristallizzare il momento "felice" perché sa che non durerà, come non è mai durata in precedenza con Karine e le altre. Sa che con Karine convergerà verso una relazione anonima, del tutto simile alle altre coppie adulte, più o meno anestetizzati dalla loro mediocrità e dai loro dilemmi, insieme per necessità. Per intraprendere la strada che la società ci porta a solcare si libera (momentaneamente, il per sempre mi sembra a dir poco inadeguato) delle altre femmine che ha avuto e si libera anche della droga. Inoltre, dopo la scuoiata beve il latte da una mucca, simbolo che sta rinascendo o "guarendo".
Questo processo è simbolico e potrei azzardare a dire che gli altri personaggi sono simboli o ruoli nella vita di Eric. Per esempio Ringo sparisce alla fine, quando ha adempiuto al suo compito, e potrebbe simboleggiare la parte sbandata di Eric o quella che fa di tutto, anche cattive azioni, per fargli capire che non può continuare così.
Pensavo che la borsa fosse un semplice McGuffin ma alla fine ha la sua utilità. O meglio, il birillo ha il dono di normalizzare Eric. Tanto è vero che Marie sperava che David avesse ricevuto quella luce e invece David si deve ancora curare. Lei stessa è lontana dal raggiungere la normalizzazione visto che è ancora attanagliata dal nichilismo giovanile: non vorrebbe un bambino perché "in un mondo così di merda ci vorrebbe una bella dose di cinismo".
Sal è totalmente cambiata, ora vuole un figlio ma forse lei è inadatta, come dice Dennis.
In quella storia poi c'è la pattinatrice che secondo me è l'incarnazione del disagio che cerca di ostacolare la sua normalizzazione, l'anti-Ringo, e lo fa rubandogli la borsa, dunque il birillo.
![](https://www.bdgest.com/prepages/Planches/1217_P8.jpg?v=1358258435)
Dicevo che mi piacciono tutti i personaggi e Dennis era quasi quasi il mio preferito. Quando mostrano i suoi pensieri sono rimasto colpito nel vederlo in una veste completamente diversa da quella che mi ero prefigurato e in un certo senso poteva essere lui il vincitore, per il restare se stesso fino alla fine, se non fosse morto. Ha una visione che potremmo definire, senza usare altri termini politici, all'antica o retrograda come il fatto che ha rispetto per il padre perché ha preso le botte e al tempo stesso è consapevole del retaggio cattolico che ci attanaglia e ci costringe a seguire una via già tracciata. Ci dice anche di vedere il sesso in chiave psicanalitica, mai avuto dubbio a tal proposito. Infatti, di sesso ce n'è in abbondanza ma è sempre disegnato con un rifiuto dell'erotizzazione per il lettore. Mezzo dice: "In effetti, la mia linea è naturalmente aggressiva e carnale e spero elettrica, ma sia in quello che scrive Michel che nel mio disegno, cerchiamo di evitare l'autocompiacimento."
Inoltre, non è una storia da leggere a cuor leggero, se la violenza dei primi lavori è liberatoria, molto fisica. Ne Il Re delle Mosche è molto più sorda perché interiorizzata.
Non è solo cambiato il ritmo, qui più serrato con frasi brevi e spezzate ma anche l'associazione testo e immagine. Prima di tutto il testo è molto denso e letterario e la narrazione è articolata su più voci in prima persona, mentre il tono generale è graffiante, ma attraversato da brillanti guizzi lirici. Come dice Pirus stesso, "Nel volume 3 ho prestato maggiore attenzione alla personalizzazione di ciascuna delle lingue. Il modo di parlare di Eric a volte è quasi telegrafico, molto mosso con una sorta di velocità e urgenza nella volontà di esprimere le cose, ma può essere attraversato da lampi lirici. Quello che cerco è l'energia delle parole. Penso che lo sfregamento delle parole associando parole che naturalmente non vanno insieme produca energia. Il re delle mosche è un'energia oscura e negativa del testo compensata da un lato sensuale del disegno. Più nero diventava il testo, più insistevo che Mezzo facesse personaggi "chiari"." In breve, già il primo tomo non è semplice da leggere e ovviamente ha una densità molto maggiore di un romanzo (il fumetto è di per sé un linguaggio sintetico e i romanzi hanno bisogno delle descrizioni). Il tutto è soffocante e richiede un'attenzione totale per non perdersi. Il Re delle Mosche è un'opera al limite, ovvero capace di essere difficoltosa e allo stesso tempo magnetica.
"Nel terzo volume il disegno ha un ruolo informativo molto più importante. Leggi qualcosa nella casella di testo e poi devi concentrarti sul disegno che ti permette di tornare alla seconda casella di testo. Per questo il terzo volume può sembrare un po' più scomposto, è una lettura che richiede più concentrazione."
C'è un'evoluzione anche nel disegno, inizialmente c'è un maggiore chiaroscuro per poi sbilanciarsi verso una linea chiara più pop. Del resto dice di ispirarsi alla linea chiara, da Hergé a Swarte e Chaland. Conferma anche che "È sicuramente un percorso naturale nel disegno sfoltire i neri, sintetizzare, ma nel caso de Le Roi des Mouches... era necessario. L'aspetto esterno da "plastico neutro" dei personaggi non dovrebbe tradire i loro pensieri oscuri; un gioco di maschere come spesso sono i rapporti umani. [...] Un disegno realistico consente alla sceneggiatura di allontanarsi da esso."
In definitiva, ha una "linea scura".
Inoltre, Mezzo e Pirus utilizzano spesso una griglia 3x3, che è una cosa semplice da visualizzare ma è anche l'emblema del "guardami" perché è efficacissima per il formato americano nel modo in cui si allinea alle proporzioni (17x26 cm) e proprio per questo sa troppo di impostazione prefabbricata. E' una griglia che si presta anche benissimo al virtuosismo, anzi, è la griglia per eccellenza, difatti era tipica di Watchmen, in cui puoi alternare vignette di diversi piani spaziali o temporali ma anche puramente grafici con il solo uso del colore. Diciamo che appena si incontra con la punta dell'occhio questa griglia scatta l'allerta che ti distoglie un attimo involontariamente dalla lettura. L'ho da poco sperimentata anche su Sheriff of Babylon di Tom King e Gerards, che ne fa largo uso, un po' fine a sé stesso, ma comunque la storia filava lo stesso.
Tuttavia qui è diverso, non me ne sono neanche accorto se non nel terzo volume e comunque da lì in poi non mi risaltava, non mi arrivava l'allerta per 2 motivi: il formato francese ha proporzioni diverse dal comic book e poi perché gli autori non creano mai quei pattern o alternanze. Tutt'altro, la geometria della composizione alimenta l'atmosfera malsana e ossessiva.
In conclusione, non mi è tutto chiaro ma non è così importante perché alla fine la realizzazione riesce a darti quello che cerca di darti in termini di atmosfera, personaggi, ecc. e funziona anche senza considerare i personaggi-simbolo in quanto sono molto vividi e diversi tra loro. Poi trovo giusto che nelle parti più surreali ci si metta ad interpretare, senza lasciarsi sconfiggere dalle seghe mentali. Poi forse il bello è anche quello, continuare a pensarci per gustarti ulteriormente la storia.
Magari c'è un altro modo di vederla ma sul finale sono abbastanza convinto di averlo compreso.
"Volevo scansionare il mondo reale, anche se in realtà non è così buio. Ma un artista è sempre obbligato a forzare la linea per dare ampiezza." Pirus
![](https://www.bdgest.com/prepages/Planches/1217_P3.jpg?v=1358258418)
Nessun commento:
Posta un commento