Recensioni - Arsène Schrauwen di Olivier Schrauwen

Autore: Olivier Schrauwen
Titolo: Arsène Schrauwen
Editore: inedito (L'association)
Pagine: 257 a colori
Formato: 22 x 28 cm, cartonato

Potrebbe essere un fumetto per esplorare la storia familiare? In copertina ci viene segnalato, ironicamente, un riassunto di ciò che dovremmo trovare all'interno: “un fumetto su Arsène, sull'avventura, sull'amore, sull'architettura, sulla libertà, sulla paura, sulla lussuria, sull’ignoto, sul niente, sulla fantasia, sulla speranza, sulle stronzate artistiche, sulla trappola, sui nuovi incontri”.

Un racconto unico sulla società coloniale ma non sappiamo di quale colonia si tratta, forse il Congo? Ci sono così tanti dettagli e, assieme, una deliberata mancanza di essi, che ci mettono subito in guardia: l'autore basa la sua storia su fondamenta realistiche, ma queste si mescolano rapidamente ad altri fatti che non lo sono affatto. A volte si tocca l'assurdo, il non senso, tanto più che la storia si concentra sui pensieri di Arsene in preda a disturbi mentali. Arsène ha molte fantasie, che l'autore traduce visivamente in altrettante tavole originali.
Arsène va a cercare suo cugino Roger che ha il folle progetto di costruire una città in mezzo alla giungla. Roger, sofferente, lascerà che Arsène guidi le operazioni di cantiere, aiutato da Marieke, la moglie di Roger. Seguirà un’odissea di 200 pagine inventive su questa escursione colonialista che si svolge in modo surreale, una sorta di un viaggio in una terra straniera che quasi sembra la parodia di Cuore di Tenebra. Vediamo innanzitutto che i nativi sono assenti, invisibili, e ciò significa che i coloni stanno ricreando il loro universo e il loro modo di vivere a volte soffocante, sono incapaci di apprezzare l'esotismo e la bellezza di un ambiente che gli è sconosciuto. Insomma, i personaggi principali parlano della loro libertà e ignorano totalmente ciò che sta accadendo al di fuori della loro bolla coloniale. Anche se "l'epilogo in Arsène doveva sembrare un risveglio da un'illusione, come un ritorno alla realtà. Finalmente Arsène si comporta come vorresti che si comportasse, si è sforzato di imparare la lingua, sa contrattare e ha un lavoro ben definito. In effetti questa parte è fantastica come il resto del libro."
Le differenze tra le persone si percepiscono anche a livello grafico, del resto alcuni personaggi sono talvolta raffinati o estremamente geometrici, a seconda di come li percepisce Arsene.

Per certi versi ricorda Chris Ware a partire dal concetto di “oggetto libro”, che partecipa all'opera sin dalla copertina, per poi approdare ad elementi concettuali come l’immagine simbolica e complementare alla parola. Poi alcune tavole evocano l’architettura di Le Corbusier e i fumetti d’epoca. La scelta concettuale è evidente anche nei colori e qui si può fare il parallelo anche con Asterios Polyp. Il libro si attiene principalmente al blu e al suo complementare arancione e si può descrivere la scelta usando le parole del narratore: “Il suo 'atto scenico' era minimo; consisteva principalmente nello spostare il peso da una gamba all'altra, e poi indietro”. Quindi, in modo alternato, se il blu segnala la freddezza degli schemi, allora l'arancione - come opposto - potrebbe alludere al calore del sole coloniale, e mentre questi toni si alternano e si sovrappongono l'uno all'altro, si evocano dei sogni ultraterreni che si abbracciano e si lasciano come una mente geometrica che cerca di imporsi sulle forme selvagge.
Dice il narratore: “La familiarità del nonno con l'architettura moderna era minima. Sperimentò ogni cosa con gli occhi spalancati e la bocca aperta di un bambino; come uno spettacolo di luce e colore, forme e figure”. Le forme mutano e assistiamo a un pene che diventa un uccello, ad Arsene che appare sotto forma di culo, ecc. Le teste dei personaggi non sono che sfere vuote finché le caratteristiche dei volti non hanno motivo di essere notate, e da questa decisione progettuale segue un approccio alla caratterizzazione dei personaggi che vede l’interiorità di borghesi letterati scontrarsi con l’ingenuità esteriore.
Poi, sebbene Olivier Schrauwen dica che il libro sia una biografia di suo nonno, è palesemente falso in quanto ha luogo tra sogno e fantasia. Scavando in alcuni simboli del libro è possibile notare una scena in cui l'immagine di una chiave si lega al pene di Arsene. Vale a dire: è questa la storia di come è nato il padre di Olivier? 


Secondo me è anche una presa in giro delle tante biografie a fumetti (e non), mettendo in luce l'impossibilità di conoscere i propri nonni (ma vale per qualsiasi personaggio, anche storico) in alcun modo significativo, dal momento in cui ci arrivano frammenti di storie, riportate dai nostri genitori e da altri parenti. Poi c’è il problema del racconto soggettivo, ogni scrittore ci mette del suo consapevolmente o meno, trasfigurando la biografia. Noi guardiamo la storia attraverso la lente narcisistica del presente, ci preoccupiamo solo di ciò che ci ha portato dove siamo ora, ed è nostro onere riparare i danni di eventuali errori che sono stati fatti lungo la strada.
Il ricco uso della lingua dona ai testi un non so che di ipnotico, da cui è impossibile staccarsi, ma poiché le parole si accoppiano alle immagini la loro fusione dona un aspetto poetico e nuovo alla storia.
Schrauwen, tra l'altro, chiarisce che i disegni vanno letti, non solo guardati: "In Arsène, molti disegni sono fatti per essere ‘letti’, non puoi semplicemente dargli una rapida occhiata. Qui e lì ho messo dei disegni più elaborati o qualche effetto grafico per forzare il lettore a guardare.
Quando fai binge-reading distruggi tutto ciò nel processo, lo divori e, nonostante ciò, dopo ti senti a stomaco vuoto.”
Presumo che una delle cose che si perderebbero nel binge-reading di Arsène sia l'uso di motivi e schemi astratti (linee, punti, forme geometriche e così via) per tutto il libro. Questi motivi si collegano in diversi modi alla storia (Freedom town, giungla, ecc.), giocando con questioni di percezione e proiezione, poiché i personaggi cercano sempre di dare un senso a linee e forme più o meno casuali. In questo senso c'è un dialogo costante tra il testo e le immagini.

È considerato un passo falso avere un testo descrittivo e poi un disegno che mostri più o meno la stessa cosa. Invece Schrauwen ha trovato un modo per creare qualcosa di nuovo. Anche se il testo e il disegno descrivono la stessa cosa, il modo in cui vengono percepite entrambe le componenti è molto diverso; ognuno di loro ha i propri punti di forza drammatici. Il testo può descrivere un certo stato emotivo in modo molto accurato e un disegno può mostrare il linguaggio del corpo di qualcuno in un modo più tangibile, e così via. Ha anche lasciato che entrambi i componenti si rimbalzassero l'uno sull'altro. Una certa metafora che daresti per scontata nel testo scritto può sembrare molto bizzarra quando viene mostrata graficamente.
In Arsène, il testo fa molte delle cose che normalmente farebbero i disegni; fornisce una continuità emotiva e narrativa, crea l'atmosfera, l’ambiente, fornisce consistenza. Quindi il disegno è in qualche modo liberato da molti dei suoi doveri, può andare un po' più a ruota libera. In questo modo costringe il lettore a vedere le cose come fa Arsène; spesso inconsapevole di ciò che lo circonda o addirittura disinteressato. Quindi ha cercato diversi modi grafici per descrivere i suoi cambi di vista o il suo livello di consapevolezza. Senza il testo che fornisce la spina dorsale non sarebbe in grado di farlo in questo modo, l'effetto sarebbe troppo alienante.
Insomma, è una biografia, un po' storica e un po’ fantastica, ed è un'avventura umoristica alla deriva tra l'astrazione e l'estremamente concreto.



L'umorismo è una cosa difficile da scrivere, specialmente l'umorismo assurdo. Schrauwen ha un senso dell'umorismo a metà strada tra il volgare e il naif fumettistico in modo così azzeccato che tutte le gag hanno una brillantezza non indifferente. Ciò è garantito dal disegno, ovvero grazie a forme umane abbastanza astratte da essere malleabili, pur possedendo un approccio non semplificato all'anatomia, in modo che eventuali distorsioni si possano verificare coerentemente. Schrauwen firma, così, un'opera assurda, divertente, piena di invenzioni formali ma genuina, irresistibilmente naif e concettualmente grafica. Un capolavoro dell'era moderna.


 

Nessun commento:

Posta un commento