Pensieri Sparsi - Promethea di J. H. Williams III & Alan Moore

L'inizio non è dei più eclatanti considerando le opere maggiori di Moore, difatti per me perde il confronto e di parecchio con i rispettivi capitoli introduttivi di Watchmen, di V for Vendetta e From Hell ma anche con quelli di Swamp Thing. E' anche più o meno l'esordio di Williams, infatti migliorerà vistosamente e poi, beh, diventerà uno dei disegnatori più virtuosi ma non è uno dei miei preferiti, sfocia spesso nel manierismo. La colorazione non mi piace, quello era un periodo in cui il digitale iniziava ad abbondare.
Moore pratica la magia, cioè una cosa spirituale, non è che fa sparire le cose, e l'ha riversato per la prima volta in Promethea, ma questa è una novità assoluta non solo per un fumetto, e lui lega questo aspetto a un supereroe sui generis. Secondo me questa è una cosa che noi non capiremo mai a fondo perché noi italiani non crediamo ai supereroi, gli americani sì. E' un loro concetto, è una cosa che trascende il personaggio fisico. Me ne sono accorto da svariate cose, c'è qualcosa che non riesco a capire del concetto dei super e non me ne può fregare di meno. Sfruttare un simbolo come il supereroe per parlare di altri simboli e di magia è una cosa che ovviamente poteva fare solo il bardo. Un po' come Jodo parla di esoterismo ma i due non sono tanto affini. Se ricordo bene Moore decide di dare un inizio più classico e poi sconvolgere il lettore con una roba che al 99% se ne frega di conoscere. La magia? Ma chissenefrega, lo sa anche lui, per questo imbastisce 12 numeri di preparazione/iniziazione.
Non ruota solo attorno alla magia, come dice alla fine del primo albo Promethea è l'incarnazione dell'immaginazione, è una storia vivente. Al momento suona come una sparata, non si ha ancora la portata di questa idea ma in realtà basta dare uno sguardo alla prefazione del primo albo, scritta da Moore, per capire che è un espediente metanarrativo perché dà informazioni su Promethea come se fossero vere, invece i personaggi citati sono sue invenzioni. Questa è una cosa da realismo magico alla Borges: riscrittura della storia, invenzioni scrupolose e falsificazioni da "mockumentary". Chi non è andato a cercare, Sennet, il poeta citato dopo aver letto quella prefazione? Allo stesso modo chi non è andato a cercare "Pierre Menard, autore del don Chisciotte" dopo aver letto il racconto in Finzioni per la prima volta? Beh, io l'ho fatto, per scoprire che era un personaggio immaginario ma il punto è che la narrazione rigorosa porta a fartelo credere. E' l'immaginazione il vero potere dell'arte.
Il fatto stesso che Promethea diventa reale in seguito a invocazioni da parte di chi ci crede veramente si riallaccia alle antiche credenze degli dei greci (non so se vale anche per popolazioni precedenti). Una divinità è tanto più forte quanti più seguaci ha. Lo si vedeva nel film Clash of titans, quello degli anni '80 o questo recente, in Saint Seiya anche se il tutto è legato all'amore, nei videogiochi di Age of Mythology e soprattutto - in modo più colto e raffinato - in American Gods di Gaiman. Questa è una cosa che mi ha sempre affascinato perché vale per qualsiasi cosa, è il principio dell'apparenza e oggi è più che mai importante.
Io non so se Promethea mi piacerà poi, quando Moore inizierà a sbrodolarsi addosso, ma sicuramente sono curioso. 

Cercando su internet, la prima cosa che è balzata fuori sul finto prologo: come scrive Cixous nel suo "Libro di Prometea", “Alla fine, andando da illusione in illusione, si arriva anche a comprendere il mondo." Si riallaccia a ciò che Moore sta facendo. La finzione è una specie di conoscenza magica; c'è sempre stato qualcosa di spaventosamente radicale sulla storia, con il suo potere di consentire agli esseri umani di ordinare e di trascendere tempo, per trasformare noi stessi e gli altri, per assumere nuove identità e per avere nuove esperienze. E da qui inizia il viaggio epico di esplorazione che combacerà con quello del lettore. Infatti le intenzioni di Moore in Promethea mi ricordano quelle di Jodo quando voleva fare Dune: aprire la mente ai giovani.

 Promethea 3-4

Trovo interessante tra l'altro la visione della New York alternativa, un'egogentrica e sedicente "Radiant, Heavenly City”, con taxi volanti e un paesaggio cittadino dominato dall'iper-mediazione: i segni sono ovunque, al punto in cui quel significato stesso viene immediatamente decostruito: la sovrabbondanza di significato si traduce nella sua assenza di significato. In realtà tanto alternativa non è, alla fine si fonda sull'ipermediazione ora più che mai. Ma Promethea è creazione e nell'Immateria infatti si mette in luce ciò.
Dunque, la bambina Promethea sfugge alla morte diventando la storia Promethea, che vive nel tempo e nel terzo capitolo fa un passo successivo e in realtà ci dice già quale sarà il fil rouge della storia. Così come la cultura cambia, il tempo scorre, e il l'immaginazione umana diviene, allo stesso modo l'incarnazione di Prometea va in contro a una metamorfosi. Non so se c'azzecca direttamente ma m'è venuto in mente il paradosso della nave di Teseo, ma devo capire fin dove si spinge con il concetto di Storia. Per il momento mi viene da dire che Prometea è sempre Prometea, ma costantemente ricostruita, legata in un doppio atto di costruzione e ricostituzione. Il personaggio è sempre già un'iterazione dell'immaginazione culturalmente specifica, e la versione della storia di Promethea nasce dalle esigenze di quel particolare momento culturale.
Del resto si può guardare alla sua trasformazione nel primo capitolo. Quella che scrive è una poesia che si legge come un incantesimo, e con esso Sophie è in grado di incarnare la storia di Promethea, rinascendo come una bella e potente eroina. La sua versione appare come una dea egizia, un riflesso forse della sua conoscenza delle origini divine del mito di Prometea? E' di nuovo l'immaginazione il motore.
Quando Barbara entra nel mondo di Immateria scopre che tutte le versioni precedenti del mito di Promethea risiedono lì contemporaneamente. Ogni storia è Promethea, eppure sono altrettanto varie nell'aspetto, nella personalità e persino nei poteri perché provengono da periodi diversi. Alla NY standardizzata nel suo eccesso di info, Sophie attraversa beatamente un territorio non delimitato da categorizzazioni, da gerarchia o struttura. Immateria è tutto: è caos, è luce, è buio. E da qui mi ritrovo sul suo voler "aprire le menti". Non posso non stimare Moore, pure se non mi è simpatico, sulla volontà di utilizzare il popolare per parlare di cose che non lo sono affatto, sempre considerando che poi sfocerà nella Cabala, gnosticismo, ecc. Quanti lo hanno fatto? Ma dirò di più: quale altro media riesce a farlo? La natura popolare del fumetto permette l'ibridizzazione. Del resto Moore ha condannato la borghesizzazione del fumetto. Prima era alla portata di tutti, ora in effetti costa troppo ma i tempi cambiano e non possiamo limitare tutto al denaro.
Oh, io trovo brillante l'incontro con cappuccetto rosso, che si lega al capitolo precedente. Beh, Moore 'sti meccanismi si può quasi dire che li ha resi famosi lui grazie a Watchmen, nel senso che riesce sempre a sfruttare la progressione narrativa con un richiamo di storytelling. Senza tirarla per le lunghe, lui è un perfezionista ed è il suo limite, a volte il suo virtuosismo diventa artificioso. Comunque in Promethea ha una certa età e non è il caso della fiaba. Quando cappuccetto le dice "perché stai affrontando l'idea pura e semplice, senza nessuna difesa adulta come la distanza o l'ironia o niente. Lo vedi come lo vede un bambino" è eclatante nel modo in cui sintetizza il solito discorso di prima, della percezione dell'immaginazione, ecc. Inoltre distanza e ironia detta da Moore sembra quasi che si stia prendendo in giro. Magari l'avesse avuta in certi frangenti nelle sue opere precedenti.
Il linguaggio e tutto il resto di cappuccetto si sposano con la contemporaneità; anche qui, solito discorso.
"se solo capissi cosa vogliono le donne..." Moore è inglese e questo non è umorismo americano anche se devo dire che Promethea (e forse tutti i suoi lavori per la Wildstorm) è la cosa più americana che ha fatto.
Una storia più antica è più potente, questo concetto si riallaccia a quello del "favore degli dei". Secondo me è stato influenzato da Gaiman, che a sua volta è stato influenzato da Moore.

Williams già lo trovo più in sintonia, sarà forse l'ambientazione favolistica? Comunque mi pare palese il subitaneo cambiamento.

 E' del '99, la gente era folle, c'era la paura di fine millennio, la teoria che finirà il mondo all'alba del nuovo millennio, è evidente anche in Strange Days ma in generale era il mood degli anni '90. Infatti nel quarto albo Moore lo rende evidente dicendo che Promethea farà finire il mondo. Però il "millenarismo", basta leggere su wikipedia, è anche "the belief by a religious, social, or political group or movement in a coming fundamental transformation of society, after which "all things will be changed"." Il termine è ambivalente, infatti ormai spesso si fa riferimento alla credenza del ruolo salvifico degli scienziati che continua la vecchia credenza dell'eroico uomo d'affari che porta progresso e conforto alle masse attraverso le sue invenzioni - una narrazione che a sua volta riecheggia il mito di Prometeo. I moderni prometei sono Elon Musk e soci. Moore quindi utilizza un solo nome per entrambi i concetti di millenarismo.

La pagina che mi piace di più del quarto invece è l'ultima disegnata da Vess, "ora vedo le fate solo quando bevo, e quindi, in continuazione. Il mio amore non è tra loro. Non era Anna che amavo. Era la fantasia che le avevo cucito intorno. Ora quella fantasia era svanita. E a volte dubito che sia mai stata vera, e non solo un sogno. Ma è sempre così che vanno le cose, con le fate... e l'amore. Sono solo."
Non mi sembra neanche Moore nell'ultimo pezzo, quindi mi ha stupito vedere quella malinconia sarcastica.
La parte su Sennet, illustrata da Vess, è a mio avviso la migliore del quarto capitolo, che tra l'altro è il primo ad avere un colorista e non uno studio, infatti mi piace più il lavoro di costui.  


Promethea 5-6

Ecco, proprio nel 5 inizia a mettere in luce il discorso dell'apertura mentale ed espande i concetti precedenti di fine del mondo. L'immateria, senza troppi giri di parole, è l'iperuranio di Platone. Promethea alla fine è un circolo vizioso che si autoalimenta, è una lotta continua ed inevitabile dove l'immaginazione si scontra con il suo opposto in un eterno e ciclico equilibrio. Non ho idea di come sbroglierà questa equazione.
Beh, comunque limitare L'Immateria all'iperuranio è forse un po' riduttivo, è decisamente più complessa. Già la sola trovata della progressione astrologica la dice lunga sulla quantità di informazioni e cultura che necessita e siamo solo all'inizio.
Una cosa geniale è il fatto che in questo viaggio di formazione Dante e Virgilio sono la stessa persona, cioè Promethea guida Promethea! Unica e molteplice, quindi ogni Promethea insegna qualcosa a Sophie. Mi ha divertito quando Grace ha ridicolizzato l'insegnamento sulla guerra di Margaret. "Commoventissimo". Mi piace il suo fare sardonico e senza fronzoli.
Questi 2 capitoli sono un capolavoro postmoderno di inventiva e riscrittura goliardica, è un paio di spanne sopra il meglio de La Lega. La scomposizione di Neptura in parti differenti?! Oddio percula e loda al tempo stesso il lavoro editoriale. Vorrei proprio sapere se si prende in giro quando dice che il pittore ha più occhio di uno scrittore, perché Moore è uno di quei sceneggiatori che dicono tutto al disegnatore, ma la cosa interessante è che - molto probabilmente - questa è la prima volta che ha al suo fianco un disegnatore creativo che non si fa mettere totalmente i piedi in testa. Qui Williams ha partecipato attivamente alla creazione del mondo e forse anche alla composizione delle tavole. L'Immateria disegnata da Williams è veramente bella. 


Promethea 7-8

Bene, ora so anche cosa simboleggiano i semi delle carte italiane. Interessante, io sapevo solo il significato popolare ovvero erano la rappresentazione dei 4 ceti sociali ma a livello più profondo è come dice Moore.
Ci sono 32 punti, forse è anche questo il motivo per cui ci sono 32 capitoli. A questo punto, dovrei dedurre che il 32esimo capitolo sarà tutto sul "reale" o iperreale, come lo chiama? Mi piace l'allegoria del mondo materiale come self-service sulla strada, anche se inizia ad esserci troppo infodump e ci vorrà una svolta. E' ancora più necessaria nella parte materiale, cioè la narrazione supereroistica, che ora è ritornata, la trovo ancora poco convincente. O meglio, non regge il confronto con L'Immateria. Trovo abbastanza irreale il fatto che Sophie non abbia fatto il parallelo con Prometeo, suvvia. E' uno degli esempi di infodump inutile, è uno spiegone non necessario ai personaggi ma lo si fa per il lettore.

Quando spiega il concetto di Apocalisse/fine del mondo dice che se tutti seguissero Promethea l'umanità farebbe un salto devoniano. Dopo dice che il mondo non è il pianeta ma le nostre idee del mondo. Sottindente che la vera vita è quella spirituale, mentre il mondo materiale è il piano dove poggiamo. E' come se fosse Matrix, il programma è uguale per tutti ma ci sono alcuni che sono consapevoli e riescono a togliere il velo. Il programma può essere modificato e allo stesso modo il mondo materiale, infatti Bill ha appena detto che il mondo materiale è più viscoso quindi ci vuole più tempo. Penso che Promethea possa sconvolgere la percezione/coscienza degli umani e in realtà quello è il suo compito, per cui quella New York è univoca. Per fare un altro parallelo mi viene in mente Essi Vivono di Carpenter.
Comunque, Promethea è la soluzione a "La Società della Spettacolo" proposta da Moore, combatte il mondo artificiale del consumismo capitalistico, che fonda le sue basi proprio sul pensiero comune.

Promethea 9-10

Il 9 è di transizione, mentre il 10 segna una svolta per l'iniziazione. Non ho molto da dire, si fa prima a leggerlo. Mi ha fatto sorridere tutta la descrizione del sesso tantrico ma anche le intuizioni magiche e sullo spogliarello. Una scena di sesso in cui c'è squallore e accettazione col sorriso sulle labbra è qualcosa che non si vede tutti i giorni.

Promethea 11 - 12

Come l'accoppiata precedente anche questa presenta il numero dispari di transizione, letteralmente la quiete prima della tempesta. E che tempesta! Ha ragione Moore, questo è decisamente il suo lavoro più intelligente. È in questi casi che Moore dimostra tutto il suo virtuosismo, la sua cultura, il suo ingegno, la sua ambizione e il suo coraggio. Una roba del genere si può paragonare a pochissime cose per la complessità della sua struttura, del linguaggio e dei collegamenti. Onestamente a me vengono in mente solo i poemi e direi nuovamente la Divina Commedia. In poco più di 20 pagine descrive tutta la storia dell'umanità tramite i tarocchi, sotto forma di teatro mentale, tramite la poesia e la progressione da scarabeo proprio per far capire che la storia è unica ma molteplice. Tra l'altro la storia è anche eterna, circolare: l'ultima pagina continua con la prima eternamente (basta guardare la disposizione grafica, ma anche le stelle, gli spermatozoi che tornano indietro e poi l'uroboro ovviamente); è anche un'unica pagina lunga 21 pagine. È un dispiegamento dei tarocchi a cerchio. Tra l'altro il 9 già era impaginato diversamente in quanto simulava il cinema. Comunque il 12esimo albo è un'esperienza unica, che non ha niente a che vedere con nient'altro, al di là del gusto personale, al di là che non è più un fumetto normale (e chissene), per me da solo vale una serie intera. Conoscevo già gli arcani maggiori, quindi ero agevolato nel seguire le connessioni. Tuttavia voglio cercare un articolo su questo capitolo o approfondire un po' gli arcani nuovamente. Del resto non stiamo parlando più di un fumetto popolare (ormai questo segna il punto di non ritorno) ma neanche di un fumetto di nicchia, è altro, è praticamente un saggio.* Ah, Rizzi è un grandissimo traduttore e se non lo dimostra in questo capitolo dove ha adattato splendidamente 20 pagine di poesia in rima allora non so cosa dovrebbe fare. È chiaro che con la poesia c'è uno scarto maggiore con l'originale ma Rizzi è riuscito a non farmelo pesare.
E in tutto ciò c'è il lavorone grafico di Williams che aggiunge altri simboli e un ulteriore stratificazione e narra una storia nella storia. Nella prima pagina vediamo il retro del mazzo dei Tarocchi. Promethea sta per prendere una carta dal mazzo secondo le istruzioni di Gigino e Gigetto. In fondo alla pagina vediamo uno spermatozoo che feconda un ovulo e un feto che inizia a formarsi. In pratica questa è la concezione nientemeno che di Aleister Crowley. Aggiungo solo che nella carta del Mago ci sono i 4 strumenti, solo che al posto del bastone c'è la penna che Barbara ha dato a Sophie.
*Certo, ora dovrebbe riprendere la narrazione magica, dopo questa full immersion ci sarà un nuovo percorso formativo. È terminata la prima "stagione". 


Promethea 13-14

Inizia il viaggio nelle 10 sfere Sefirot e questa parte mi intriga più della precedente ma c'è anche il rischio che diventi ridondante poiché Moore ha già detto tutto nel 12esimo, tuttavia è l'immaginazione che mi interessa e difatti il capitolo 14 è il mio preferito fino ad ora. Bene o male credo che ogni albo fino al 22 ripeterà in modo approfondito ogni concetto espresso in 1 pagina del 12esimo e mi sta bene fin quando c'è questa forte creatività di fondo. Poi, sì, c'è da dire che sentire una spiegazione riassuntiva non ti rende esperto in quella cosa, per cui approfondire è necessario per lei a prescindere dal viaggio simbolico.
Il 14 è il mio preferito perché, almeno per me, è quello visivamente e concettualmente (inteso come immaginazione) più affascinante. Tra l'altro ha anche la copertina più bella, ispirata a Virgil Finlay. La Luna, Caronte, lo Stige... per me è instant sense of wonder ma onestamente mi sembra anche che i layout siano più ariosi, più improntati a far percepire le distese. L'intero capitolo è stato progettato per scorrere come un fiume. Man mano che la struttura della storia cambia per servire la posizione e i temi della sfera di Yesod, le doppie pagine scorrono l'una nell'altra (in maniera simile al 12). E comunqe, tanto per contestualizzare il mio gradimento, anche l'albo preferito di questa serie direi che perde facilmente il confronto con i tomi lunari (tanto per fare un parallelo) di De Cape et de Crocs ma anche con Signor Mardi-Gras Delleceneri di Liberge, che ha in comune il paesaggio lunare, il mondo post-mortem e c'è pure Caronte.
Comunque non ho molto da dire, anche qui Moore dà essenzialmente la propria interpretazione di svariati concetti e crea un unicum. Come è ovvio ci sono un sacco di riferimenti visivi ai vari concetti espressi come gli orologi fissi alle ore 9, Shakespeare, Napoleone e Sherlock sono personaggi presenti nel libro Houseboat (non lo conoscevo), non so perché ci sono Cleopatra ed altri personaggi ma c'è Cyrano e me lo aspettavo. La stazione si rifà ai quadri di Delvaux e, come dicono anche all'inizio, si vede Alan Moore, sua moglie e JHW3. Ecco, trovo interessante il fatto che i due si incontrino per la prima volta nel fumetto, nel mondo dei sogni, piuttosto che nella vita reale (lavoravano a distanza). Ecc. Ecc.
Non sono tanto convinto dalla motivazione di Promethea nell'intraprendere questo viaggione per riportare in vita Barbara. Bah.

Promethea 15-16

Avevo detto che il 14 era il mio albo preferito e oggi dico che è il 15! Infatti a livello grafico la serie ha subito un cambio di marcia, dal 14 mi sembra più equilibrata. Comunque non mi piace solo graficamente, qui dice proprio il concetto che avevo accennato prima, quello della magia che è un linguaggio, difatti c'è Crowley, e ovviamente non è una novità che il fumetto venga considerato come il diretto discendente dei geroglifici e di altre forme pittografiche antiche, però è interessante come lo tira in ballo e come dopo si rivolge direttamente al lettore. In realtà in questo capitolo ci sono svariate trovate note come la scacchiera, il nastro di Mobius, 8 come infinito, l'8 magico (gli 8 dei, gli 8 supereroi), ecc. Alcune antecedenti e altre successive ma il punto è che in un solo colpo le sfrutta tutte.
Trovo azzeccata la scelta di usare la pop art per la sfera dell'emozione. "La vita normale è pervasa da tutte queste reti di simboli antichi e nessuno nemmeno ci pensa." Very true. La Pasqua ad esempio è una ricorrenza strapiena di simboli, molti non sono neanche cristiani.
Inizio a capire meglio la grandezza e il fascino dei tarocchi, in effetti la simbologia che c'è dietro è eclatante e a suo modo indovinata. Per dire, il fatto che prima di raggiungere la sfera del Sole gli attaccamenti terreni devono morire è... ovvio. "Il cambiamento è simile alla morte. Fa paura, ma è naturale."
Comunque in realtà 'sto percorso mi sembra un Dante meets Alice.


Promethea 17-18

La pagina a forma di sole si legge in ambo i sensi, come se fosse tutto contemporaneo. Tutto gira, come i pianeti intorno al sole. Mi piace la metafora e alla fine questa è un'altra tavola a loop infinito, come quella del 15. Qui c'è una grafica iperrealista, alla Dalì (difatti lo omaggia in copertina), ma che mi piace poco e accentua le mancanze della colorazione tradizionale, la piattezza dei visi ad esempio spicca ancora di più. La parte di Gesù secondo me è molto potente, nel momento in cui arriva e la sua raffigurazione è un omaggio a quella di Dalì per via dell'alone scuro.
La raffigurazione della sfera della guerra invece la trovo molto appropriata, bruciante. Inoltre questa è la prima volta che il disegno diviene più narrativo delle parole.
La parte di NY non ha ancora trovato una quadratura, anche se comunque ha poco spazio e quindi ci vogliono più capitoli.
Mi ricorda, e forse sbaglio, Sleeper di Brubaker in cui c'erano supereroi per modo di dire e un groviglio criminale da nuovo ordine mondiale. E in realtà Sleeper era più interessante perché qui sembra, al momento, sconnessa dal viaggio di Promethea.

Promethea 19-20

Nel 19 c'è la mia doppia preferita, che comunue già conoscevo, è quella dove si biforca il sentiero.
Interessante la scelta grafica ed è molto riuscita anche quella del 20. In questo albo tra l'altro mi è rimbalzata una frase che avevo già detto, più o meno era: non mi sta simpatico ma non posso non stimare le sue doti. Potrei dire che non è uno dei miei preferiti, ho già detto che non stimo molti gli sceneggiatori in realtà, o comunque non è nei primi 10, credo, ma è comunque uno dei rari sceneggiatori che ti fa pensare che non riusciresti a imitarlo, ma vale sia per i non addetti ai lavori che per gli sceneggiatori stessi. Un po' come alcuni registi, tra cui anche Allen, dicevano di Kubrick. Tuttavia, a mio modo di vedere, registi virtuosi come Kubrick ce ne sono ma sceneggiatori virtuosi come Moore... Boh, Andreas e Mathieu, anche se entrambi sono autori completi e con caratteristiche diverse sarebbero un buon esempio ma mi fermerei qui. Comunque al di là del preambolo non è solo il virtuosismo che è evidente ma l'ingegnosità nel creare collegamenti arguti, tutt'altro che banali, e poi non è solo una questione di cultura. Per esempio, per dire 2 fesserie, che però subito evidenziano l'estro, sia l'intuizione dello zoccolo di cammello che quella del pi greco ti mettono nella situazione di inferiorità. Quella sul pi greco è più artificiosa e meno complessa, quella sullo zoccolo è divertente e divertita ma a conclusione di questa considerazione - poco chiara, ma mi rompo di scrivere meglio - mi trovo in una situazione in cui il giudizio resta sempre sospeso. Non è che mi frega più di tanto di classificarlo, quello che conta è la lettura, l'esperienza, ma quanto incide in negativo la "costruzione troppo ragionata" quando ci troviamo nel caso di manifesta superiorità? Perché siamo lontani anni luce da uno dei tanti chitarristi super tecnici, che è comunque replicabile da moltissimi altri super tecnici e che è una cosa che si arriva a fare con la pratica. Non c'è pratica che tenga in questo caso. Pochi sono interessati a fare queste cose, sicuramente, e in realtà ce ne sono parecchi, di fumetti cerebrali che non ho citato, ma Moore l'ha fatto più e più volte e con una densità enorme. Quindi, l'artificiosità dovuta all'esubero, al troppo, come dice Rizzi, in questo caso unica nel panorama, è una cosa che forse è positiva. Le elucubrazioni del Codice da Vinci ad esempio per me sono un minus.
Ritornando al capitolo 20, pare che si siano ispirati a Lovecraft per la concezione dell'abisso.
Comunque, anche con le spiegazioni di Moore, l'accumulo progressivo di nozioni che non ho messo a fuoco inizia a farmi sentire disorientato. Sì, il senso superficiale del viaggione ce l'ho, ma ho la sensazione di essermi perso molto durante il tragitto. E' come dice Rizzi nell'intro: è una storia che ti deve accompagnare tutta la vita, rileggendola o sfogliandola, per apprezzarla meglio. Del resto l'intenzione di Moore è fare una guida che spinga ad approfondire l'esoterismo o quanto meno far capire che è un modo di vedere creativamente l'esistenza. Non è che ci devi credere o raggiungere l'illuminazione ma magari raggiungere una consapevolezza, forse illusoria, tale da renderti più in pace con te stesso. Psicomagia di Jodo è un libro apprezzato da filosofi e psicanalisti per la simbologia, le metafore, la forza creativa, fornisce un'apertura mentale che magari fa accettare l'assurdità dell'universo. Comunque l'anno scorso mi è capitato di guardare una chiacchierata su YT tra Rick Dufer e Romagnoli "Psicomagia, Simboli e Razionalità: tra Jodorowsky e Jung" in cui si parla di questo aspetto e sarebbe da far guardare a chi crede che i tarocchi e quella roba lì siano solo delle baggianate. 


Promethea 21-22

Aggiorno il mio capitolo preferito della serie, al momento è il 21. E' quello che graficamente mi è piaciuto di più e poi espande il concetto di sacro e profano tirando in ballo la prostituta di Babilonia. La grande Babilonia, ovvero quando l'uomo si eleva a Dio, è anche un'allegoria dell'apocalisse. Per gli USA è NY la grande meretrice, simbolo di decadenza morale. Poi il capitolo ha per la prima volta layout più classici che consentono di concentrarsi maggiormente sulla solennità dell'intuizione.
Quello successivo è un capitolo complementare ma meno potente forse perché la rivelazione è già stata fatta. 

Promethea 23-24

Il 23 segna la conclusione del viaggio, della seconda stagione, e lo fa arrivando a Dio. O meglio, al concetto di Dio. La rappresentazione di Kether ricorda le illustrazioni di Botticelli per la divina commedia, un bianco accecante. Promethea acquisisce anche l'occhio della provvidenza.
Nella doppia con i balloon circolari c'è anche l'attacco alle torri gemelle, che è l'evento più recente. Al che mi chiedo, accadrà anche in questa NY? E lo dico perché mi sembra palese la direzione che prende nel capitolo successivo. Infatti vediamo altre 2 Promethea, una cristiana e una musulmana, e questa è la prima volta che si fa una suddivisione religiosa.
Le pagine sono impostate simmetricamente. C'è una dualità tra oriente e occidente, passato e presente, Sophie e Stacia. Cercando info sui colori usati ho trovato:
"I colori dominanti sono il blu, il giallo e il rosso (blu per l'Islam, giallo per il cristianesimo, forse perché l'Oriente è la terra del sol levante, mentre l'Occidente è la terra del tramonto)."
Quindi Stace ha effettivamente un ruolo: rappresenta l'oriente. Il loro scontro è uno scontro millenario ma forse l'attacco alle torri gemelle verrà rappresentato solo simbolicamente. Difatti nello stesso articolo ho trovato:
"Il simbolo cabalistico è la Torre come nel numero 15. Crowley spiega nel "Libro di Thoth", che la torre rappresenta la guerra e la distruzione della materia da parte del fuoco. Crowley riferisce anche la "Torre" al Libro della legge I,57, dove la dea Nuith parla di una "fortezza" e menziona "la colomba e il serpente" (motto di Promethea n. 23). Colomba e serpente rappresentano la "volontà di vita" e la "volontà di morte" di Schopenhauer (Eros e Thanatos), e si potrebbe ipotizzare che queste due tendenze siano incarnate da Sophie e Stacia nel numero 24. Quindi ci sarebbe un nascosto legame simbolico tra il numero 23 e il numero 24. Il discorso cabalistico continua, anche se la narrazione mostra il solito scontro di supereroi."
La seconda e terza pagina sono una costruzione della tavola come edificio alla Ware, ma la ripresa dall'alto, che "taglia" il solaio, è anche tipica del cinema. Va da Hitchcock (il primo che ricordi) a Mr Robot (episodio piano sequenza). Mi piace molto, fa molto slice of life.
Comunque trovo interessante questa piega e in generale anche questo è un ottimo dittico, che poi sono la chiusura e l'inizio di 2 percorsi contigui.

Promethea 25-26

Il processo graficamente, sin dalla copertina, si ispira nuovamente a McCay ma per quanto riguarda il tono farsesco sembra quello di Alice nel Paese delle Meraviglie con tanto di accuse al sistema giudiziario americano. Comunque sono entrambi numeri di transizione. La cosa interessante è la guerra in Iraq di sfondo e ci sarà da vedere quanto sarà influente. Alla fine nel 26 gli attacchi a Bush e agli USA sono espliciti per la prima volta. Il passaggio tra la seconda stagione e questa mi sembra subitaneo, c'è un vuoto relazionale tra gli eventi. Tutta la preparazione del 24 termina in una stasi che a questo punto dovrebbe collegarsi alla guerra, altrimenti non ne capisco il nesso. O per il semplice fatto di voler arrivare a 32 capitoli, il cui ultimo sarà rivelatorio, sta allungando...
Entra in scena Tom Strong e questo lo sapevo già, è un personaggio di Moore facente parte dello stesso universo a quanto pare, quello dell'ABC. Al momento non sembrano necessarie conoscenze pregresse e spero che continui così, anche perché non l'ho letto. Non mi piace/interessa la piega che sta prendendo l'atto finale ma logicamente deve far confluire le 2 parti precedenti, il misticismo e i supereroi, e ben ha pensato di inserire i suoi personaggi ad alimentare i non meglio specificati simpatici 5. Difatti fino ad ora è mancato un vero supereroe, mentre i 5 sembrano al massimo investigatori del paranormale.
Tra l'altro si vedono 2 vignette fotografiche, sta entrando il reale?
Ho notato che ci passa più tempo tra i vari albi di quanto pensassi all'inizio. E' aperiodico ed esce almeno ogni 2 mesi.  

Promethea 27-28

Allora il 9/11 è successo anche lì ma sta entrando meno di quanto mi aspettassi e non credo che verrà recuperato nei capitoli successivi. Secondo me poteva sfruttare meglio la diatriba religiosa perché ad ora l'unico problema è che l'apocalisse arriva proprio nel momento in cui non si avverte più la causa. Insomma, manca questo: "Cosa sono questi tetri capannoni che abbiamo costruito? Che vite sono mai queste, che ci drappeggiano grigie come sudari?". L'ha detto, sì, ma dopo una lunga traversata nella Cabala ci volevano un paio di capitoli sul piattume della metropoli.
A me Tom Strong piace, ha un modo di parlare decisamente più realistico dell'impostazione della serie. Per cui forse stona un po' ma è anche il personaggio più logico. La serie non brilla certo per i personaggi, l'unico interessante è Sophie. Non ho idea in che modo pensa di amalgamare la questione di Doll e dei super con l'apocalisse. In questo momento è quasi un fumetto normale, è molto meno denso di idee o informazioni e difatti c'è poco da commentare.
C'è da dire che il progressivo avanzamento dell'apocalisse lo sta gestendo bene a livello di storytelling. Sta togliendo il velo e la realtà si inizia a vedere. 


Promethea 29-30

La parodia dei super mi ha strappato qualche sorriso, soprattutto la scritta non affidabile perché troppo intelligente!
Le contursioni mentali di Painted Doll non riesco a seguirle ma ho capito che c'azzecca nella storia in quanto marionetta, personaggio di una storia.
Immagina di subire 20 e passa capitoli di spiegazioni e alla prima occasione che non ti spiega niente perdi il filo! Più o meno è quello che mi stava capitando, ma alla fine si è accesa una lampadina e in realtà credo che le tappe precedenti siano state fondamentali perché ora le metti in pratica da te: la 32esima via, il sole...
Il sole, conosci te stesso. Gli autori si sono mostrati a compimento di tutto questo tortuoso percorso. Non è certo una novità ma è essenziale se si parte dal presupposto che Promethea è, come si legge dall'intro inglese, soprattutto uno dei manifesti più espliciti e intellettualmente sofisticati di una nuova significativa tendenza religiosa nella cultura popolare contemporanea. Non è solo il culto del supereroe a rappresentare questa nuova religione ma il concetto stesso di intrattenimento, che crea culti ed è molto più in voga ora che allora perché internet non ha fatto che avanzare e il chiacchiericcio è il fine ultimo di questo assorbimento passivo dell'intrattenimento.
Il suo presupposto di base è che in definitiva non c'è differenza tra immaginazione e realtà, in modo tale che la domanda se divinità, demoni o altre entità spirituali siano "reali" o solamente “immaginarie” diventa insensata. Di conseguenza, il fattore della fede diventa largamente irrilevante, e il suo posto è preso dai fattori dell'esperienza personale. La fede in Promethea è dunque un qualcosa di non religioso perché non lo attendiamo, il messia, ma ci arriva. E' come Neo in Matrix, ma solo lì e non in Zion, nessuno sa della sua esistenza.
In Promethea Alan Moore ha scelto di rappresentare se stesso sia visivamente che a parole (la sceneggiatura sul pc). Rinchiuso com'è nelle pagine di questo albo, Moore ci invita a partecipare alla meta-narrativa, e così facendo permette la nostra contemplazione di una più ampia meta-narrativa sulla costruzione di se stesso. Non ci metto Williams perché quelle sono le idee di Moore e anzi ho scoperto che anche i layout sono farina del sacco dello scrittore e, boh, pensavo che Williams ci mettesse del suo anche perché da lì in poi farà sempre pagine di questo tipo. Le sceneggiature di Moore sono più lunghe dei suoi fumetti, ma già lo sapevo. Williams però asseconda, è una sua estensione, quindi non lo si può escludere dal processo.
Dunque, scrittore, artista e lettore entrano in risonanza. In quanto lettori componiamo attivamente la storia insieme a loro, e nell'infinita pluralità delle nostre immaginazioni, la storia vive al di là di ogni concezione mentale, di ogni significato.
Il concetto di uno è tutti e tutti è uno è squisitamente meta-narrativo. Anche il fatto che il tempo è unico è un riferimento alla caratteristica del fumetto in quanto la tavola è sequenziale ma è anche ferma, non è un continuo divenire come il cinema. Idem per "Tutti i luoghi che si possono immaginare sono un luogo solo..."
La cosa che mi è piaciuta di più di questo dittico? La metafora del focolare della nonna.
Ms. Cascade è stata modellata su Cicciolina...! 

Promethea 31-32

Più che sulla forza delle storie si è concentrato sulla forza dell'immaginazione. Tutti hanno avuto la rivelazione ma non tutti l'hanno accolta o capita. Qui la l'apocalisse rappresenta una trasformazione spirituale globale che però viene percepita solo da coloro che erano pronti. Come dice nel 32 "l'immaginazione può trasformarci". Quanto a tutti gli altri, quelli che non avevano ancora potuto transcendere i loro vecchi modelli ereditati, limitati e limitanti di immaginare la realtà, sarebbero rimasti intrappolati nello stesso mondo che avevano sempre conosciuto, perché era l'unico mondo che erano in grado di percepire e comprendere.
Fortunatamente non ha fatto un finalone che coinvolge tutti; per il resto, il modo mi è sembrato puramente didattico, privo della creatività degli altri capitoli.
La morale della favola, che io trovo originale e interessante, dunque non è svegliati ma resta sveglio ed è l'ultima cosa che dice Promethea prima di mostrarci come è andato avanti il mondo*. Non ti sta dicendo di toglierti il velo o di scappare dalla prigione ma che non c'è nessuna prigione, eccetto quella che noi ci creiamo attraverso l'immaginazione.
*I colori di NY sono cambiati, ora sono vividi.
Si potrebbe dire che ha 2 finali ma secondo me ci sono 2 cose in più da dire per rendere falsa questa congettura. La prima è la più importante e ce l'ha detta Moore: la storia continua, da sola, non finisce lì. Vale per tutte le storie ma in questa serie era uno dei focus e mai come questa volta è azzeccato. La seconda è che questo capitolo 32 funziona come postfazione, note e bibliografia. E' geniale perché si auto-rappresenta in quanto libro. C'è un recap (mappa concettuale) perpetuato da Promethea sotto forma di pura coscienza e ti dice come approfondire eventualmente questo percorso. Non è importante essere interessati a questa roba ma il lavoro che c'è dietro, il tentativo (esagerato, visto che parla anche di fisica quantistica) di collegare il tutto, rimane. Fuffa mistica o meno è la creatività che va lodata. Del resto esce quasi un anno dopo il 31. Vabbè, alcune intuizioni sul linguaggio sono azzeccate proprio in termini assoluti, quelle sulla fisica quantistica possono lasciare il tempo che trovano. Il 32 da solo è molto più cerebrale, e con questo non sottintendo riuscito, del film di Jarman su Wittgeinstein, che è anch'esso sul linguaggio, ed è uno dei film più cerebrali che conosco...
Quando stavo cercando i volumi di Promethea, molti dicevano che andava letta direttamente con gli spillati e uno dei motivi era il capitolo finale. Mettendo insieme le pagine del 32 si forma questo doppio poster, lo dice anche a pag 27. Questa cosa si perde sia in digitale che nel volume cartonato, mentre con lo spillato si può fare.


Si chiude con un bell'auspicio: "Lunare e serpentina, Promethea rappresenta quelle forze fertili che si accoppiano dentro di noi, con cui concepiamo e diamo alla luce il figlio lucente e redentore della nostra volontà. E' stato bello danzare con te. Sei stato un partner perfetto e mi mancherai. Ma lo spaziotempo è eterno ed eterrno è ciò che contiene. E tu ed io siamo sempre qui, sempre ora. Tu ed io siamo eterni."
Infine, è un atto di amore verso il mezzo di comunicazione adoperato.

In conclusione
 
E' difficile valutare un'opera diversa da tutte le altre. In linea di massima condanno questi spiegoni e Moore ti spiega ogni dannata cosa ma d'altro canto è proprio questo il suo intento: fare da guida nel mondo poco conosciuto della magia. Ci sta che lui salga in cattedra e il lettore si sieda al banco e tuttavia, visto che non sta facendo un saggio ma un'opera narrativa, ha trascurato un bel po' di cose: la storia è poco sviluppata e le varie parti non si amalgamano, i personaggi sono quasi tutti inutili e infine è spesso ridondante. Il colorista non mi fa impazzire, anzi, limita Williams, che a sua volta è manieristico. I layout sempre diversi sono solo fighi, ma senza reale interesse o scopo. Se hanno senso nell'Immateria e nelle sfere, nelle parti a NY se ne poteva fare a meno. Si può e si deve lodare l'ambizione e la creatività ma anche il fatto che ti lascia qualcosa, anzi, ti insegna qualcosa. Per cui vale la lettura. Non è tra i migliori 3 di Moore secondo me.

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