Recensioni - Valérian di Jean Claude Mézèries e Pierre Christin


Autore: Jean Claude Mézèries & Pierre Christin
Titolo: Valérian
Editore: 001 Edizioni o Gazzetta
Pagine: 22x46 a colori
Formato: 17 x 24 o 18 x 26 cm, brossurato

È appena scomparso il grande disegnatore di Valérian e ne approfitto per parlare della sua opera cardine. Probabilmente Valerian è uno dei fumetti francesi più importanti e influenti degli anni ’60 e ha avuto ripercussioni anche al di fuori del proprio medium. Diciamo meglio: Valerian è iniziato negli anni '60 ma ha avuto lunga vita: da Brutti Sogni, tomo 0, a L’Apri Tempo, tomo 21, sono passati oltre 40 anni e gli autori sono rimasti gli stessi.

Questa è una caratteristica che si riflette anche nella serie poiché in cui le missioni a cui prendono parte Valerian e Laureline sono svariate e diverse, per cui le caratteristiche grafiche e narrative sono mutevoli, ma la coppia è perennemente con il sorriso sulle labbra, lo stesso sorriso che quasi sicuramente avrà anche il lettore, dunque la costante è la joie de vivre che riesce a trasmettere l'atmosfera.
L’esordio non è dei migliori ma già dimostra cosa può fare il fumetto in ambito umoristico e tramite la space opera, che fino ad allora aveva abbondato nei romanzi. Mentre se volessimo tracciare l'evoluzione della space opera a fumetti potremmo partire da Flash Gordon, che esprimeva una visione naif molto avventurosa e classicheggiante, in seguito, negli anni '50, si fanno largo svariate storie della Ec Comics, che portano la fantascienza a fumetti verso lidi un po' più adulti, e contemporaneamente inizia la strip di Jeff Hawke, che presenta trame più articolate e una visione più critica. L'estetica della fantascienza moderna però si inizia a plasmare con Valerian, i cui echi del suo immaginario continuano a risuonare.


Dopo il ’68 si ha il vero cambio di marcia, a partire dunque dal secondo tomo: L'Impero dei Mille Pianeti, che comunque non rappresenta la piena maturazione della serie. Entrambi gli autori erano sessantottini ma è soprattutto Christin, avendo conseguito un percorso universitario tra letteratura e politica, ad infarcire la serie con pensieri critici verso la società di allora, senza mai essere didascalico, moralista o didattico. Dunque l’inutile verbosità (troppa esposizione) iniziale e la visione un po’ sciocca e comica della fantascienza cambia progressivamente in una umoristica soft che si contrappone all’umorismo cinico delle visioni underground che dilagheranno in Metal Hurlant. Difatti non ha bisogno di sputare veleno per affermare le sue idee e la solarità emerge anche in storie dal mood più angosciante. Questa capacità di essere sempre sé stesso lo rende un fumetto unico e mai fuori posto, fedele al suo stile ma senza un pattern ripetitivo tipico delle serie episodiche. Per cui lo sviluppo non è – come può sembrare – sempre lo stesso, certamente ci sono punti fissi che non possono cambiare, ma la visione pacifista e liberalista rappresenta di sicuro il fulcro su cui ruotano le storie.
La sua essenza si colloca a metà strada tra il caricaturale, riscontrabile nel design dei personaggi, e il realistico, nel design di oggetti inanimati. Presenta aspetti e situazioni assurde e bizzarre ma con valenza universale grazie alla potenza immaginifica che mette su uno stesso spazio-tempo tutte le problematiche sociali. Non ci sono problemi che non agguantano certe razze o pianeti, tutto l’universo è visto come un’unica razza nonostante l’elogio alla diversità. In altre parole siamo tutti figli delle stelle e Valerian non è altro che un’etnografia cosmica fatta a fumetti.

Dunque la serie era innovativa e fresca per l’umorismo soft non destinato al mero intrattenimento, per essere essenzialmente il primo vero fumetto post-sessantottino e per la fervida immaginazione.
Inoltre se pensiamo che non ci sono veri nemici da sconfiggere ma ideali o popoli oppressi dall’incomprensione (imperialismo, colonialismo, religione, ecc.), se pensiamo che i protagonisti non sono altro che ingenui burattini e non infallibili ma, anzi, c’è da aggiungere a questo anche una visione spiccatamente femminista (Valerian non ha chissà quali qualità, è Laureline che è invece intraprendente) che ripudia l’uomo macho, siamo in fin dei conti davanti a qualcosa di veramente diverso per l’epoca e che tutto sommato conserva la sua freschezza tuttora. Anche se questo all’inizio non era ancora presente e Laureline era ancora una spalla, il fumetto (allora chiamato solo Valerian) era concepito per distaccarsi dalla moda dei supereroi - che non ha mai preso piede in Francia però - e dal successo eterno di Tintin.
Il tratto di Mezeries e i colori di Évelyne Tranlé meriterebbero un capitolo a parte per la genuinità e l’immediatezza con cui riescono a ricreare scenari meravigliosi ma è encomiabile anche per la mimica dei personaggi, che trasmettono simpatia al solo impatto visivo, e vale soprattutto per Laureline ma ovviamente l’apporto di Christin è fondamentale per renderli magnetici. Il sense of wonder, la combinazione di elementi fantascientifici e pseudo-fantasy, la profusione di razze aliene e ambientazioni sempre diverse sono palesemente la base di quell'immaginario diventato mainstream grazie a Star Wars. L'impostazione immaginifica è molto vicina a quella dei romanzi di Jack Vance, con creature fantastiche e mondi disparati ma il tono è senza dubbio diverso. Le storie di Christin sono piene di invenzioni, liberali e umaniste, che incorporano complesse ideologie politiche e sociali insieme ad avventure epiche. La tavolozza dei colori utilizzata da Évelyne Tranlé, sorella di Mezeries, gioca su mezzitoni tenui e complementari, infatti la sua combinazione di blu, viola e arancione salta subito agli occhi anche nelle altre opere a cui ha collaborato, come ad esempio nei 4 tomi di Blueberry colorati da lei. I layout di solito favoriscono gli scenari con vignette panoramiche ad ampio respiro, mentre nell'immagine di sopra, proveniente dal tomo 9, che ha un mood più noir, si può notare il maggior numero di vignette per pagina, confacente alla BD più classica. Anche i testi di Christin nel dittico 9-10 si rifanno alla tradizione noir, aggiungendo alle didascalie una sonorità malinconica e una descrizione tormentata. Purtroppo le edizioni economiche 001 e Gazzetta penalizzano di molto i disegni di Mezeries, ma questo passa il convento.



V e L sono 2 agenti spazio-temporali, svolgono l’unico lavoro esistente su Galaxity, capitale dell’impero galattico terrestre, in quanto tutta la popolazione vive in uno stato di utopia virtuale e gli unici problemi sono la salvaguardia dei paradossi temporali causati dai “pirati” del tempo. Con una premessa del genere si può immaginare già la portata degli eventi e infatti una delle cose che più mi ha colpito è la complessità cronologica che si è venuta a creare nonostante la serie sia un inno alla semplicità. In pratica ci sono 2 linee temporali, o 2 storie della Terra, che alla fine altro non sono che la stessa storia narrata dai vincitori e dai perdenti. Geniale. Dunque, secondo me è poco saggio leggere numeri random senza capire in che timeline si svolgono gli eventi. Un esempio evidente è il tomo 18, Tempi Incerti, che, appunto, ha una timeline diversa e gli eventi passati hanno avuto luogo solo per i protagonisti. Si è sempre detto che è una serie che cresce insieme al pubblico, all'inizio era rivolto ai giovani ma in realtà non ha età, e uno degli sviluppi che ho preferito riguarda l’anno oscuro citato sin dal primo tomo, cioè il 1986, e che poi si assocerà al disastro di Chernobyl nel 13esimo tomo, uscito nel 1988. A ben guardare il concetto stesso di presente diventa fallace ed è da vedersi come un’unica storia senza un presente, senza inizio o fine ma che esiste, e, ad un certo punto, senza un luogo (casa), da quando la Terra scompare dallo spazio-tempo e i protagonisti sono gli unici terrestri rimasti nel cosmo in cerca del loro pianeta. Alla fine lo snodo cruciale che si viene a creare in questi albi apparentemente episodici è la recherche de la terre perdue, una quest abusata ma che di solito vede i terrestri di un futuro lontano cercare il loro pianeta d'origine. In questo caso è ben diverso. 
Besson, che aveva già collaborato con Mezeries e Moebius nel Quinto Elemento fa un adattamento per il grande schermo di Valerian nel 2017 ma non aggiorna l'opera, la snatura completamente. Dovrebbe esserci anche un anime nippo-francese, Time Jam: Valerian & Laureline, che a sua volta si distacca dal fumetto ma chi è incuriosito... E infine ci sono degli speciali fatti da altri autori, da segnalare soprattutto quello di Larcenet.

Alcuni dei miei tomi preferiti sono il 3, il 5, il dittico 9 e 10 e 18 ma indubbiamente la parte migliore - se la contestualizziamo - è degli anni ’70. Il dittico Metro Chatelet e Direzione Cassiopea è molto probabilmente il punto più alto raggiunto dalla serie, che si differenzia per il tono più serioso e noir. Pur non reputandolo un capolavoro tout court, è difficile dire che tutti i tomi siano sullo stesso piano qualitativo, è uno dei veri classici senza tempo, che ha dato tanto ma che non può essere replicato. Chissà quale gioia avranno vissuto i lettori che dopo oltre 40 anni hanno visto la fine, quelle ultimissime pagine… Difatti, in seguito è stato pubblicato anche un albo speciale commemorativo solo per i fan.
Per me può essere letta da chiunque, a patto che non si cerchi a tutti i costi quel nichilismo post-moderno o avventure sfrenate, qui l’azione è poca e i dialoghi sono molti; la si può anche leggere come passatempo ma il vero fascino risiede leggermente più in profondità andando a contestualizzarla e dunque a notare i riferimenti al presente.



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