Pensieri Sparsi - Scalp di Hugues Micol

Autore: Hugues Micol
Titolo: Scalp
Editore: Oblomov Edizioni
Pagine: 192 in bianco e nero
Formato: 21,5 x 30 cm, brossurato

E’ un western di frontiera atipico, per niente eroico, in altre parole: un western d’autore.
E’ un racconto quasi fiabesco, come se fosse un racconto di un vecchio ai suoi nipoti e in realtà è così, quindi i disegni sono oltremodo caricaturali, con faccioni enormi, e grotteschi.

Il b/n è brutale, per certi versi simile al metodo dell’incisione di E. Breccia degli esordi, scavato nel foglio, quasi xilografico ma il risultato è stato raggiunto – credo - con un “semplice” pennello a secco, come fa Blutch in Peplum. Una scelta efficace per raccontare quel periodo storico in cui il sogno americano si fa strada in mezzo a tanta violenza e sangue.
Si seguono le sanguinarie vicende di John Glanton, cacciatore di scalpi, a suon di non-linearità; Micol fa un uso frequente di ellissi e pseudo-flashback (essendo tutto raccontato da un narratore interno) per farci finire trasportati dal suo flusso entropico.
Non è solo il tempo a piegarsi ai suoi voleri ma anche lo spazio fumettistico in quanto non c’è una ben che minima divisione in vignette, per cui anche in questo caso si potrebbe parlare di flusso di immagini o un eterno divenire di scene. Si tratta di uno storytelling geniale perché sebbene possa apparire caotico è facilmente leggibile grazie a - innanzitutto - un uso della prospettiva del tutto personale, in quanto è come se tutto fosse in primo piano, oppure grazie a delle semplici sfumature che indicano il passaggio da una scena all’altra. 


Per esempio in alto abbiamo un gruppo a cavallo in mezzo ai cactus, in mezzo ci sono solo cactus e quindi e in basso uomini in mezzo ai cactus, per cui si ha la sensazione che quei cactus siano enormi e partano dal basso. L’omogeneità è la chiave per tanta meraviglia espressionistica, con cui ci mostra in modo viscerale una parabola innanzitutto politica, senza dimenticarsi della religione, e soprattutto amorale; il cui compito più che giudicare è mettere in luce tutte le contraddizioni di un paese nel suo periodo storico più omaggiato di sempre.
E’ un fumetto di ampia portata ed estremamente visionario nella messa in scena in cui l’allegoria e il surreale abbondano e confluiscono in un orgia visiva, una danza macabra di non facile lettura per via dei cambi cronologici e del disegno lontano da ogni standard.
Sicuramente uno dei migliori western degli ultimi anni e forse l’unico modo per rappresentarlo oggi senza risultate ripetitivi è proprio tramite la sperimentazione. 



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