Pensieri Sparsi - Borderline di Eduardo Risso e Carlos Trillo

Autore: Eduardo Risso e Carlos Trillo
Titolo: Borderline
Editore: Free Books
Pagine: 55x12 in bianco e nero
Formato: 16 x 21 cm, brossurato

La fantascienza in Borderline serve solo come ambientazione, a Trillo - di solito - non interessano i generi, li usa come veicoli per una serie di disparate problematiche sociali. Non si tratta di una decostruzione di generi, ma il tutto è filtrato attraverso la sua particolare sensibilità e dunque in Borderline non troveremo il tradizionale worldbuilding coerente, preciso e con basi scientifiche. In ogni caso, per dare delle coordinate, potrei dire che il mondo rappresentato è simile a quello di Fuga da New York di Carpenter, solo molto più malato e punk, oppure a quello di Alita senza le derive cyber. E’ un mondo spietato, crudo e violento, con la classica e netta distinzione tra classi.

I ricchi comandano e vivono nel Castello, rappresentano l’indifferenza e l’individualità del capitalismo, mentre i poveri, gli Infralumpen, vivono nell’immondizia, sono dei degenerati, costretti a sopravvivere vendendo i loro organi per comprare le 2 droghe che vendono le 2 fazioni: il Consiglio e la Giunta.
Queste si contendono il controllo della zona di confine, sembrano agli antipodi superficialmente però le loro ideologie combaciano in profondità; per esempio uno vende la droga “sociale”, che ti fa credere che il mondo sia un posto migliore, mentre l’altro vende una droga “spirituale”, che ti spinge a credere in un paradiso al di là della vita terrena, ma in entrambi i casi il loro scopo è tenere sotto scacco i poveri, destinati ad essere eterne marionette mentre i fili sono sempre gli stessi.


La protagonista fa parte degli agenti forzati del Consiglio e a seguito di un incidente finisce per diventare muta e sorda ma non è una comune perdita dei sensi, sono semplicemente stati danneggiati, lei infatti percepisce i suoni sotto forma di segni o disegni, vivendo così in un “mondo” diverso. Il Consiglio la ha salvata donandole nuovi organi e per questo ha un contratto irrevocabile.
Il suo nome è Lisa ma viene chiamata Crash perché l’unico modo in cui può comunicare è tramite il suono onomatopeico emesso dalla sua pistola, poi c’è anche un meccanismo che codifica le parole e le permette di parlare e ascoltare normalmente.
Ogni ricco ha dei cloni che usa come una piantagione di organi, riuscendo ad allungare così la propria vita anche fino a centinaia di anni, e questo ricorda molto ciò che fece Altuna con Chances pochi anni prima. Tuttavia, nonostante questi cloni siano solo un ricettacolo di organi, come può Lisa, una macchina per uccidere, fare fuori dei bambini indifesi? Lei inizia a vacillare, come previsto dalla mappa cerebrale del Consiglio.
L’ordine del Maresciallo si è appropriato del potere creando un buco dell’ozono artificiale che modifica il clima e in seguito inizierà una lotta contro la resistenza, capeggiata da Gazzella della Notte.
Il fumetto è pieno di personaggi memorabili e assurdi: Fusion, un agente che spende il tempo libero nella realtà virtuale; Lara, la bambola di Lisa, che è l’unica a capirla ed è colei che narra la storia (!); Emil soprannominato Blue perché è sempre triste, è l’ex di Lisa che la vendette ai trafficanti di organi perché ai tempi era un drogato, mentre ora sente voci immaginarie; Mike e Jack, le due lesbiche a capo degli agenti forzati; Massimo, il capo del consiglio che ha perennemente paura e la Gazzella.


Il controllo sul mondo è totale, difatti l’unico fumetto legale è Trashman, mentre gli infralumpen spesso ricorrono ai graffiti per sfogare tutta la loro repressione in un ambiente decisamente punk o al massimo si concedono suicidi di massa con il salto dalla collina dopo la maratona improvvisata, che tanto ricorda il viale del suicidio in Prima dell’Incal.
Ricordiamo che è un fumetto che inizia sul finire degli anni ’80, ma Risso, a pochi anni dagli esordi, era già fenomenale. Fiero discendente di Breccia e Munoz, i suoi maestri, utilizza un bianco e nero contrastato, più geometrico e meno espressionista, che taglia di netto i contorni. L'apporto di Risso è fondamentale e non riesco a pensare ad un altro più adatto per plasmare questo mondo creato da Trillo fatto di contrasti netti, in cui le uniche sfumature sono le debolezze interiori dei personaggi. Risso ricorre spesso a silhouette e ad inquadrature molto dinamiche, ad un tratto poco realistico ma espressivo e in definitiva ad un minimalismo grafico generale. Inoltre la gestione degli spazi negativi è ciò che lo caratterizza maggiormente e allo stesso modo Trillo lavora per sottrazione, svuota la narrazione al punto che neanche sembra un historieta. Trillo svuota pure i personaggi, persi in un mondo che si è smarrito, incapaci o quasi di provare emozioni e per questo emerge la loro umanità. Lisa, in particolare, privata dei suoni, inutili in un mondo atonale senza melodia, privata delle parole, inutili quando hanno perso significato, e sebbene ormai sembri più una macchina - “premi il bottone ed uccide” - che un’umana, i suoi ricordi fanno oscillare la sua frequenza costante ed ecco che si intravedono le parole quando lei ripensa ad Emil: amore e felicità, la melodia si alza di un’ottava; la dipendenza, la melodia si abbassa di un’ottava e la spietata monotonia ritorna.
Devo dire che è anche molto appassionante, difatti è uno dei miei preferiti di Trillo, e geniale in molti capitoli per come ribalta gli stereotipi del genere. Come gran parte delle historietas passate su Skorpio e Lancio, la narrazione procede in capitoli da 12 pagine che funzionano bene se letti da soli e ancora meglio come un unicum. È uno splendido fumetto cupo ma umano, pessimista ma vivido, avvalorato da un finale degno di Trillo in cui si rimarca l’illusoria lotta di un eroe in un mondo di illusioni.


Prima del finale c'è però una caduta di stile per l'intero sesto volume, che richiama troppo la fantascienza americana fracassona degli anni '80 perdendo così la poesia di Trillo. 
Sono sicuro che Risso metta tutti d'accordo, mentre la visione di Trillo non può che dividere, specie per la sensibilità odierna. Per questo mi sento di sconsigliarlo a chi prende le cose troppo sul serio e a chi invece le prende troppo alla leggera.
L'edizione della Free Books, dispiace dirlo, ma è indecente per quanto riguarda la resa di stampa e per chi gioca con i contrasti è impensabile partorire un'edizione con carta trasparente e stampa sbiadita. Poi le copertine sono di Palumbo, ma a mio avviso sono troppo esplosive e non lasciano immaginare niente altro, il che non è proprio un buon biglietto da visita.





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